La concezione dell’abito come simbolo sociale risale a millenni fa e la sua crescita socioculturale non lascia spazio a fraintendimenti. L’esperto di costumi Gillard De Nittis nel suo studio “Costumi ed epoche” ripercorre le fasi del mutamento del costume per poi giungere alla conclusione che l’obiettivo ultimo di questo è proprio la lettura unica della società, cioè costruire macro gruppo nei quali posizione l’uomo a seconda del suo ruolo e contributo alla società. Qualcuno ha definito questo comportamento come dress to be, ma ultimamente i magazine parlano di work to be: l’ultima tendenza delle collezioni FW 23 che rilegge l’abito per renderlo l’uniforme del proprio lavoro. Così da Fendi, con il suo codice sartoriale, a Chanel, autrice della nuova espressività del tailleur, il work to be incorpora anni di storia culturale ed i nuovi codici estetici.

Il nuovo workwear, che supera la divisa operaia intessuta di praticità per aprirsi a nuove uniformi, è ora il simbolo della nuova generazione, a cui piace distinguersi per il proprio lavoro. La chiamano la “generazione delle connessioni” e una delle sue priorità è proprio l’abito, quello che indossa la propria categoria professionale. Di decifrare il linguaggio estetico delle nuove generazioni se ne occupa la FW 23 che si rivolge direttamente ai suoi acquirenti più giovani.

Fendi usa la tradizione sartoriale di completi menswear, cuciti sul corpo femminile, per costruire il suo work look dalla forma 80s, ma dal minimalismo 90s. Il richiamo è alla vita lavorativa dai tempi immediati della New York del 1980, quando la grande crescita economica riporta il rigore di giacche e completi protagonisti del guardaroba genderless. E questo lo sa bene la new generation, che con i movie alla “Wall Street” del 1987, immagina il proprio domani.

Simile per aspirazione, ma diverso per tagli e modello, il tailleur di Chanel è il simbolo di una femminilità indipendente. Ma è Valentino con la sua black tie a portare avanti il tema dell’empowerment femminile. Micro skirt e long shirt sembrano condividere il messaggio di indipendenza di Melanie Griffith nel movie “Una Donna in Carriera”, uno dei primi del genere a mostrare i meccanismi tutti al maschile della finanza.

Anche Dior con la sua FW 23 riprende l’immaginario dietro la black tie, ma al contrario di Valentino, l’immagine è meno rigida e più leggera. Pantaloni in denim e camicia bianca, la tie in black e micro bag: il work to be di Dior rappresenta l’ultimo statement del lusso di tutti i giorni.

Le collezioni mutano, ma il desiderio del lusso di essere riconosciuto rimane lo stesso. Un lusso understatement che nasconde dietro il benessere d’appartenenza la sua identità. E se identità è l’associazione ad un genere, il work to be annulla ogni categoria.