Nei tempi moderni la parola “tendenza” è divenuta protagonista del linguaggio comune, mossa da una digitalizzazione dell’informazione. Costruita su un concetto di condivisione, la tendenza serve ad identificare un movimento estetico, per poi organizzarlo e strutturarlo secondo l’obiettivo finale. Dallo schermo di uno smartphone, dove la tendenza prende la forma di contenuto immediato, il cui messaggio è spesso accompagnato da una descrizione esplicita, al magazine, propulsore di un’informazione contestualizzata ad un ambito specifico, la tendenza non muta al mutare del suo contenitore. Lo si vede nelle ultime collezioni SS 24, i cui abiti richiamano ad un periodo storico lontano, d’origine per alcuni brand, ma attualizzati in questo periodo storico. Dal minimalismo tailoring di Gucci, che ripercorre le origini del prét-â-porter italiano, al macro logo di Fendi, che unisce la stampa 60s ad una delle tendenze principali degli anni 2000, le collezioni SS 24 nascono tra le pagine di storia.

Ripercorrere all’indietro la storia di una maison non è sempre sinonimo di “ricordo”, ma a volte nasconde un messaggio futurista. La SS 24 mostra come immaginare il domani corrisponda ad una profonda conoscenza di quello che è stato, e questa è la linea guida che si intesse tra una collezione e l’altra, per andare a formare un tessuto unico, di carattere storico capace di guidare il pubblico in una crescita del brand.

Lo sa Gucci che con il suo show SS 24, al debutto del nuovo direttore creativo Sabato De Sarno, decide di immaginare una femminilità moderna, spoglia, minimalista in abiti e accessori. In un richiamo alle prime collezioni di Gucci degli anni ’90, il corpo non appartiene ad un evento storico né ad un periodo, ma, come un’essere a sé, traccia il proprio percorso, mutando non di forma, ma di immagine. “Il corpo è la base su cui costruire”, dice De Sarno al termine dello show, quando gli viene chiesto quale sia il principio della collezione.

Corpo e corporeità sono le stesse parole che vivono nella sartorialità di Fendi e che, sin dagli albori del brand, si muovono in contemporaneo guidati dal logo ideato negli anni ’70. Ricompare questa volta come stampa non più solo per gli accessori, ma per long dress, maglie multiprint e gonne 80s, ma con un look nuovo: dal giallo all’arancio, spaziando tra tinte calde, il nuovo logo ricorda i formidabili anni ’60. Ancora una volta il brand mostra un nuovo capitolo della sua biografia che però è un viaggio temporale colmo di tradizioni, come rivela il taglio degli abiti, e simbolismi, come le micro scritte apparse nella macro stampa logo.

Valentino incorpora il movimento in quello che viene definito lo “sculpt-dress”. Bianco marmoreo, presentato in una cornice ufficiale come quella dell’arte classica, l’abito racchiude il movimento in lavorazioni cut-out che svelano la pelle un abito alla volta. Per la maison l’abito deve custodire il movimento, conservarlo in un tessuto tridimensionale capace di posizionarsi al pari di un’opera in movimento. Il movimento di cui parla il brand non è lo stesso di cui, al contrario, tratta Chanel che consolida nell’immaginario del brand la tendenza dello “statment dress”. Nella collezione si parla di simboli e simbolismi che fondando il rapporto della maison con il suo pubblico, i quali mutano, si aggiornano, ma devono rimanere immediatamente riconoscibili. Una crescita dell’immaginario di Chanel che però conserva la sua identità storica ponendola protagonista dello storytelling di collezione.

Le tendenze nascono così da una narrazione storica. Una narrazione che di anno in anno sceglie una nuova scenografia, la quale restituisce all’abito e al suo messaggio un significato attuale. E se l’attualità è parte di un concetto più grande di tempo, la tendenza è figlia di questo.