“Da una parte il rosa, dall’altra l’azzurro e tra i due il viola”, riportava nel 1933 un giornale inglese, che si rivolgeva alle nuove generazioni culturali con espressioni vivaci per narrare la diversità e l’innovazione. Se da una parte il rosa e l’azzurro sono da sempre due tinte guida per la comprensione d’informazioni immediate riguardanti l’uomo, come il genere e l’età, dall’altra il viola si presenta come l’unione dei due, nel quale le informazioni di genere si annullano lasciando spazio ad uno solo autodefinito. A lungo il viola venne associato all’ambiguità, alla leggerezza, ma al contempo alla complessità psichica dell’uomo, senza mai smettere di abitare il tessuto dell’abito sociale. E dopo essere apparso indosso ai punk di Camden Town a Londra, ai preppy boys d’America, il viola riaccende il dibattito sul suo significato, ponendo l’attenzione sul suo essere genderless. E sceglie le ultime collezioni FW 23 per riappropriarsi della scena, con un’immagine tutta nuova, rinnovata e multiforme, che spazia dalla formalità androgina di Ralph Lauren alla sartorialità futurista di Fendi.

Le sue origini sono lontane, come le terre dalle quali proviene, la Fenicia e Tiro, ma la sua accezione pop è recentissima. Risale al 2007, quando ai Grammy di quell’anno Kanye West si presenta in un completo viola chiaro per ritirare il suo premio. Un look, una sola tintura su seta e migliaia di visualizzazioni su Media Impact Value, che resero il completo del cantante uno dei più iconici della storia dell’evento. Da lì a poco il viola entrò nei guardaroba dei più giovani, che lessero nella sua audacia un invito alla diversificazione, all’apertura culturale, ma sopratutto all’abbattimento di un’etichetta di genere.

Anche perché il viola incorpora più di quaranta sotto categorie diverse, che spaziano dall’indaco all’ametista, rendendo complicato generalizzare il suo messaggio, e questo non ha interrotto la sua ascesa nella FW 23. Lo si ritrova nei long dress di Ralph Lauren, che richiama al suo singnificato storico di benessere e opulenza, sulle maglie preppy di Dior, che recupera le stampe college 70s, mostrando la sua temporalità e, ancora, sulle lane optical di Etro e su quelle minimaliste di Jil Sander.

In ognuna delle sue incursioni, il viola si è unito al look seguendo tre modalità: la prima quella di aggiungersi al nero e grigio di base del look, la seconda quella di vivacizzare la linearità di abiti e accessori, sopratutto nel menswear, la terza quella di essere la nota di stacco dalla collezione. Il viola si colloca in una più ampia tendenza che vede i brand lavorare non più sui contrasti, ma sulla lettura univoca di collezioni grigie-nere, presentandosi come necessario per l’interazione tra corpo e abito. E non solo: è necessario al sostentamento della creatività, intesa come innovazione e desiderio.

Il viola non è solo così desueto da rappresentare, ad ora, l’innovazione in un quadro estetico colmo di viaggi temporali, dove antico è sinonimo di moderno e contemporaneo è sinonimo di futurista, ma è anche capace di annullare il giudizio del conservatorato che ancora fatica nell’accettarlo. Si può così dire che nella monarchia del nero-bianco, c’è spazio per un un’interregno: il viola. E come disse una volta Ralph Lauren: “Senza il viola probabilmente non ci sarebbe il nero, perché è grazie a lui se lo distinguiamo”.