Non appena varcata la soglia del Teatro Gerolamo si percepisce un’atmosfera perturbante, permeata da quei drammi esistenziali propri dei protagonisti delle opere di Diego Marcon: bambini, pupazzi e soggetti al confine tra esseri umani e non.

L’artista (Busto Arsizio, 1985),  in occasione della prima mostra antologica italiana “Dramoletti”, espone il proprio lavoro instaurando un dialogo stretto con lo spazio scelto da Fondazione Nicola Trussardi per celebrare il ventesimo anno di attività, secondo l’impostazione del museo mobile: spazi urbani come strade, palazzi, luoghi dimenticati e altrettanti luoghi simbolici sono stati trasformati, grazie al volere di Beatrice Trussardi e del curatore Massimiliano Gioni, al fine di ospitare installazioni temporanee site specific di alcuni dei più celebri artisti contemporanei. Il Teatro Gerolamo, tenuto in considerazione come “la piccola Scala” viste le evidenti proporzioni in miniatura, che ospita la mostra fino al 30 giugno 2023, è divenuto celebre negli anni per gli spettacoli di marionette e conserva ancora oggi quell’atmosfera in parte fiabesca che contribuisce alla restituzione di una dimensione sinistramente incantata, già connotata nelle opere di Marcon.

Nella sala principale del teatro si libera il canto stanco di una figura infantile che – protagonista dell’animazione digitale “Ludwig” (2018) presentata nuovamente in mostra, recita una sorta di ninna nanna a bordo di una nave in balia delle onde, esprimendo tutto il desiderio di scomparire per sempre. Una delle tipiche arie che accompagnano le opere di Marcon è stata realizzata per questa occasione con la collaborazione del Coro di Voci Bianche dell’Accademia Teatro alla Scala. Continuando il percorso all’interno del teatro e perciò salendo negli ambienti superiori quali il loggione e le gallerie, è possibile osservare l’opera “Untitled (Head falling)” (2015): una serie di proiezioni di film in 16millimetri sui quali l’artista ha disegnato colorando e incidendo direttamente la pellicola. Giunti nella sala situata all’ultimo piano, l’atmosfera già sinistra è ritmata dal film “TheParents’ Room” (2021). L’opera video ricorda l’animazione stop-motion, nonostante l’artista abbia raggiunto questo effetto attraverso l’impiego di attori reali. Accompagnato da un coro, il soggetto protagonista – un padre di famiglia – affronta una sorta di monologo in cui esprime la propria furia omicida e suicida, creando un forte contrasto tra l’apparente impassibilità dei personaggi e la violenta narrazione. Infine – installato nella saletta al piano inferiore del Teatro Gerolamo – “Il Malatino” raffigura nuovamente un bambino, questa volta febbricitante, riparato sotto le coperte di un letto mentre respira a fatica.

Le opere di Marcon sono ricche di una carica melodrammatica, suscitano una reazione emotiva in chi le osserva e restituiscono stati di inquietudine, a tratti repulsione. I soggetti sono spesso inquietanti, patologici e a volte malvagi, rispecchiano la condizione umana contemporanea con la quale lo spettatore prova un’inquietante familiarità.