Come nasce un’opera d’arte e quali sono le riflessioni che stanno alla base del processo creativo di un artista? Nella maggior parte dei casi il punto di partenza è la ricerca, lo studio di fonti, nozioni e testi che ispirino o supportino il messaggio insito al lavoro in fase di sviluppo. In particolare, quegli artisti che trovano nel sovrappopolato mondo delle immagini una fonte di ispirazione, tendono all’intreccio e alla conseguente rilettura di simboli, allegorie e stilemi che trovano così una nuova vita nella società contemporanea. Immagini pseudoscientifiche, immagini derivate dal mondo dell’animazione e dal mondo dei tarocchi animano lo spazio espositivo che la galleria L.U.P.O. presenta in occasione di Arte Fiera Bologna.

 

Jihyoung Han
Ho notato che sei particolarmente attenta a diversi campi disciplinari come scienza, biologia e scienze umane. Come rifletti questi interessi nelle tue opere?
Sono particolarmente interessata alle prospettive future riguardanti il mondo ecologico e il mondo non-materiale. L’ecologia come scienza svolge un ruolo fondamentale nella comprensione dei vari ecosistemi, includendo processi vitali, interazioni e adattamenti di una specie particolare. Attraverso le mie opere tento di rileggere il progresso al giorno d’oggi, l’influenza dei fattori ambientali sugli organismi viventi e tento di visualizzare immagini provenienti dal futuro. Inoltre, sto cercando di proporre una forma invisibile, che affronti il corpo esteso, ovvero la più ampia gamma di soggetti non-umani intorno a noi e che simultaneamente mostri i tentativi di trascendere la struttura del dna degli organismi viventi.

Le tue opere raffigurano soggetti anamorfici; perché e come si sviluppa la tua pratica artistica?
Lavoro nel campo della pseudo-scienza e delle immagini non umane, con le quali inizio un vero e proprio processo di ricerca dell’identità di un individuo. Sperimentando grazie al medium digitale e analogico, tratto l’immagine come una singola forma di vita, inserendola in un a narrazione che coinvolge la “riproduzione alternativa”, le “nuove forme” e la ricerca di “posizioni sociali”. Questa serie di corpi grotteschi surreali nasce da un periodo non semplice, in cui ho messo in discussione l’identità del mio stesso corpo. Il mio lavoro tende a trasformarsi e cambiare secondo le dinamiche legate al consumismo e all’avanguardia tecnologica.

Ho letto che sei interessata al mondo digitale e del gaming, è vero? Quanto influisce sulla tua produzione?
Il mondo digitale è un grande contenitore colmo di possibilità per il singolo, il quale diventa così in grado di creare immagini, oggettivarle, trovare un ruolo all’interno della società e in certi casi ritrovare la propria identità. Come artista, il mio obiettivo è quello di conoscere e comprendere al meglio questo mondo, che evoca la transizione verso un pluralismo imprevedibile e una proposta continua per il futuro.

 

Seongjin Jeong
Osservando le tue opere è chiaro come tu tragga ispirazione dal mondo dei manga e dal mondo dei videogiochi; come si sviluppa il tuo processo creativo?
Trovo estremamente affascinanti le animazioni con trame epico/eroiche; le mie composizioni fanno spesso riferimento al mondo del collezionismo: i componenti delle mie opere sono prefabbricati ed ispirati al metodo di assemblaggio delle action figure. Per ottenere ulteriore dinamismo alle composizioni, riproduco fisicamente onde di energia che sarebbero visibili solo attraverso la dimensione digitale.

Quale rapporto sussiste tra le tue opere e la realtà digitale?
È sempre più evidente come stiano scomparendo le distinzioni tra reale e virtuale; le sculture che nascono con una struttura fisica vengono rilette attraverso il digitale. Durante il processo creativo la composizione finale viene testata attraverso vari metodi di combinazione e successivo smontaggio. Le forme scultoree appartenenti alla storia dell’arte si fondono qui con il mondo dell’animazione, rinnovando così la tradizione e registrando le novità del contemporaneo.

Relief, 2022, polystyrene, digital print gypsum , epoxy

Quale tecnica particolare utilizza per i suoi lavori?
Le opere esposte a Bologna in questi giorni sono vere e proprie sculture che fondono la dimensione reale a quella virtuale, così da dimostrare come la seconda sia sempre più presente all’interno della nostra quotidianità. Ritengo che uno scultore contemporaneo debba essere in grado di servirsi liberamente di materiali e tecniche differenti, come in una sorta di processo alchemico. Per questo motivo la maggior parte delle mie opere è composta da diversi materiali, composti e ricomposti tra loro così da camuffare in qualche modo l’origine della materia stessa. Inoltre, faccio spesso utilizzo della stampante 3D, proprio perché perfettamente a cavallo tra dimensione reale e digitale.

 

Giuditta Branconi
In mostra sono presenti opere che raffigurano diversi soggetti; come nascono questi dipinti e da dove hai tratto ispirazione?
Nell’ultimo periodo mi sono concentrata sullo studio dei tarocchi; uno dei miei lavori più recenti rilegge la carta degli amanti. Ho realizzato tre figure incatenate le une alle altre, così che simboleggiassero una sorta di legame profondo, allo stesso tempo sia affettivo che opprimente. La composizione è ricca di figure animali, raffigurate in modo da indicare la tensione precedente ad una fase di caos e violenza, proprio come il guaito dei cani che precede un terremoto. Lo sfondo presenta un numero cospicuo di occhi, derivati dal mondo dei manga giapponesi, i quali come fossero nascosti dalla penombra, svolgono il ruolo di silenti osservatori.

Non è l’unica opera che hai realizzato per l’occasione, che differenze presentano questi due dipinti?
Il soggetto principale in questo caso proviene dal mondo dell’incisione antica: una mano in primo piano sorregge quello che potremmo considerare come il design di un tatuaggio tribale anni novanta, posto sotto l’attento sguardo di un soggetto femminile che osserva la scena senza interferire attivamente.

Entrambe le opere sono realizzate con una tecnica particolare che mi piacerebbe approfondire…
L’aspetto che mi interessa principalmente è il “corpo” della tela; il supporto pittorico è molto più funzionale al mio lavoro rispetto al colore, il quale solo in un secondo momento attraversa la tela, proprio come l’inchiostro attraversa la pelle: anche per questo motivo spesso prendo ispirazione dalle composizioni del tatuaggio tradizionale americano. Dipingo la superficie pittorica con pennellate piatte, prive di volume materico, ricercando quel risultato che ricorda la serigrafia su tessuto. Segue la reintelaiatura e l’esposizione di quello che è considerato il retro della tela.