Bionda, iconica e sopratutto molto pink: Barbie, la “blonde doll” del 1959 è l’ideale femminile al quale si è ispirata la Mattel per dar vita uno dei suoi più noti successi. Dai primi anni 60 fino ai tempi più recenti, Barbie, insieme al suo compagno Ken, ha tinto di rosa l’immaginario delle teen girls e, tra platforms e mini dress, ha reso la moda un live action del personaggio, che oggi è anche il progetto cinematografico più promettente del 2023 firmato Greta Gerwig, con l’interpretazione del duo Barbie-Ken rispettivamente affidato a Margot Robbie e Ryan Gosling. E così la tendenza Barbiecore dilaga sulle venue di Milano e Parigi con l’obiettivo di estendere sempre più il messaggio inclusivo di un colore che muta ogni stagione. E dal suo massimo esponente Pierpaolo Piccioli alla guida di Valentino, che gli ha dedicato un’intera collezione tingendola del nuovo Pink PP, passando per Blumarine, Versace, Chanel e molto altri, il rosa Barbie diventa protagonista indiscusso della F/W 22-23.

C’è chi vi legge un’influenza punk, chi una new romantic: il pink world della bambola sembra appartenere ad un passato mai realmente superato. Il Chief Operating Officer del gruppo Mattel, Richard Dickson, spiega che non esiste un collocamento spaziale e temporale di Barbie, ma è la sua capacità di adattamento a continuarne il mito. Una sorta di rilettura delle tendenze stagionali in formato mini che Dickson stesso sottolinea chiamarsi Barbiecore e non semplicemente Pinkcore, perché questo colore nasconde messaggi di empowerment e gender equality, dei quali la “blondie” è sostenitrice. Così dopo anni alla ricerca di un equilibrio visivo a tratti minimalista, ora la carica del rosa riveste la moda che ricerca nel colore la vitalità, temporaneamente isolata dalla pandemia. E a distanza di un anno dalla “riapertura”, designer e celebrity decidono di omaggiare la compagna di gioco dell’infanzia di diverse generazioni, con una stagione F/W 22-23 che mostra una nuova femminilità più matura e consapevole, lontana da quella “life in plastic” alla quale si associava la Barbie e il rosa.

La consapevolezza del proprio corpo, la leggerezza di un approccio personale e la fluidità di un colore inclusivo: sono le tre guide per la scoperta del Barbiecore nelle ultime collezioni. Nicola Brognano per Blumarine si sofferma sulla relazione tra corpo e forma, individuando in questa connessione la carica dirompente della sua Barbie 2000. Minigonne, denim low waist e micro top con colli di piume consolidano la versione teen della Barbie di Blumarine che indossa una divisa di una femminista di ultima generazione. Per Versace il rosa è sinonimo di rivoluzione e seduzione e con un mini abito strutturato mostra quanto non esistano bambole omologate, ma donne interpreti del proprio corpo.

E se per Versace il corpo è libertà espressiva, per Chanel è rigore e formalità. Dalle giacche avvitate alle gonne in tweed, il rosa Barbie diventa adulto, signorile e si rilega ad un mondo alto-borghese dall’accesso esclusivo che Virgine Viard di collezione in collezione tenta di estendere. Per il giovane duo di Act N°1 non esiste rosa se non quello della trasparenza, che lascia intravedere senza svelare, ma pur sempre diverte nel suo contrasto, “perché tutto è diverso e in opposizione”, spiega il duo creativo.

Al contrario per Marco Rambaldi l’uso del rosa è un gioco serio, complesso, ma anche spregiudicato e infantile. Crochet e lavorazioni a maglia sono quel ricordo d’infanzia che avvicina la donna alla sua Barbie, ma che, consapevole dello scorrere del tempo, cresce e matura con un occhio critico che la porta ad esporsi ed osservarsi senza negarsi allo sguardo altrui. Sportivo e futurista da Rains per il suo debutto a Parigi, il Barbiecore non significa aderire ad un immaginario, ma immaginarlo diverso, più contemporaneo, capace di venire incontro al dinamismo del presente, grazie ad abiti tecnici rosa opaco come vere tute da sci, che mostrano una donna work in progress.

A chiudere le pink venue della F/W 22-23, il rosa trionfa con Valentino, con una nuova gradazione dal nome Pink PP, realizzata dal direttore creativo Pierpaolo Piccioli in collaborazione con Pantone. Un intero show dedicato al colore della femminilità, che trasporta il pubblico in un mondo monocromatico con rare incursioni di nero volte a valorizzare il massimalismo della collezione. La Barbie di Valentino non è più bionda, non ha un solo corpo e sopratutto non è solo donna: per la maison il rosa è segno di un’innovazione culturale che abbatte le distanze di genere e le regole imposte dall’omologazione, giocando proprio sul contraddittorio dello show apparentemente tutto uguale, ma minuziosamente diverso.

 

Lontano dai circoli della moda, anche le celebrity scelgono di vestire gli abiti dell’iconica blondie e da Dua Lipa a Hailey Bieber gli eventi mondani diventano più rosei. Sebastian Stan al Met Gala in total Valentino diventa Ken per una sera e subito dopo appare la pelliccia rosa di Gucci indossata da Harry Styles in una tappa del suo tour, per poi approdare alle prime cinematografiche dove a sorprendere è Brad Pitt in completo rosa a svelare un nuovo volto della mascolinità meno impostata e più fluida, con un’aggiornamento del guardaroba dell’uomo. Al contrario per Paris Hilton il rosa è sempre stato presente nelle sue apparizioni pubbliche, ma ora più che mai incarna ogni segno della Barbie.

Ma allora esiste ancora una Barbie unica? Forse esiste un ideale sempre più democratico, che vuole rendere ogni donna il riferimento di se stessa. Inclusiva e multiforme, la bambola d’ora è lontana da quella del ’59 che rimane il ricordo di un sogno infantile, ora mutato in un presente che ambisce all’accettazione e alla valorizzazione di sé.