La complessità del reale, con le sue strutture e costruzioni, trova il suo principio in un cosiddetto “punto 0”, dove l’artificio è un lontano abitante di un futuro prossimo ancora del tutto sconosciuto. Uno spazio tempo scandito dal movimento spontaneo della Terra, senza l’interruzione di agenti esterni, ma solo il fluire incondizionato della natura che sovrasta la totalità dei paesaggi verdi e gialli, rigogliosi di un presente a tinte chiare. Un presente che improvvisamente conosce un futuro opaco, dall’immagine non più ondulata, ma spigolosa di forme fino ad allora mai viste. E così i passi della madre Terra si perdono in un indefinito grigio che avvolge l’impeto naturale. È questo passaggio di stato, che coincide con una perdita ed un ritrovamento, ad appassionare l’artista argentina Ines Fontenla nella mostra inedita “I Passi Perduti”, ospitata negli spazi della Nuova Galleria Morone, a Milano, fino al 22 luglio 2022, in cui viene costruito un ritratto composto da più parti e rivelato da un’installazione sensoriale.

I passi perduti 10, 2021, tecnica mista su carta, 120×80 cm

Fontenla si è sempre dimostrata vicina ai temi ambientali, a quelli sociali ed a quello più mutevole della migrazione: tutti macro argomenti con una base comune, cioè la Terra, quella che lei stessa definisce “superficie poliforme”. Un luogo non luogo, che appartiene a tutti senza appartenere a se stessa, invasa come terra di nessuno, la natura viene chiamata a narrare la propria di storia dall’artista stessa, che pone la sua ricerca a nudo, senza una cornice che ne abbellisca il messaggio silenziosamente trasmesso. Non è solo una “questione individuale”, spiega Ines Fontenla, ma una realtà che non si pone domande e agisce, è l’uomo che da invasore si ritrova estraneo in un luogo diverso da come l’ha conosciuto, e questo è l’obiettivo dell’opera “fatta di più opere”: ricostruire un collegamento tra la Terra ed il suo abitante.

I passi perduti 9, 2021, tecnica mista su carta, 165×110 cm

È l’uomo a non sentire più un legame con la natura e si avvale di questa lontananza come pretesto per poterla controllare, creando un divario che si riversa in un tessuto storico sociale millenario. Così un’installazione formata da una serie di disegni di grandi dimensioni diversi tra loro, creano un corpo unico con lo scopo di domandare a chiunque la visiti di se stessi e di quello che vive attorno, interrogandosi su un sistema in ideale equilibrio che non è solo seguito da un ciclo stagionale, ma da uno ben più emotivo.

L’artista sudamericana fa un passo indietro e lascia il palco espositivo alla natura mostrandone la parte più scura, quella modificata dall’apporto dell’uomo, che tenta di ritrovare i propri passi in un viaggio a ritroso.