Di ritorno dal Pitti, in un viaggio tra le campagne toscane ed il capoluogo fiorentino, che ha visto la Fendi Factory SS ’24 della maison romana dominare la scena, ridando lustro all’artigianato made In Italy di ultima generazione, a Milano, in questa edizione della MMU, ancora si sente quel sapore di casa, che guida il pubblico in un viaggio tra suggestioni estetiche. C’è chi non si è mai allontanato dalla sua terra natia come Federico Cina, chi al contrario si spinge oltre i confini nazionali come JW Anderson e chi ancora immagina una casa fatta di parole, dove ci si rifugia quando la realtà stordisce come per Valentino, in ogni caso l’uomo della SS ’24 racchiude le caratteristiche dell’avventore moderno: un nomade sognatore di ritorno a casa.

Ma questo percorso, avvicendatosi in cinque giorni di abiti intessuti di emozioni e simbolismi, sembra accompagnarsi ad un manuale d’istruzione che guida l’uomo della SS ’24 verso l’esplorazione del proprio concetto di casa, inteso come luogo metafisico.

Il primo ad aver inaugurato questo nuovo cammino è Valentino, con lo show dal titolo “The Narratives”. La collezione nasce dalla lettura di “A Little Life” di Hanya Yanagihara che PierPaolo Piccioli definisce: “un capolavoro del ragionamento moderno” ed è proprio questo ragionamento che guida il direttore creativo. Abiti ragionati come completi e cappotti, che si accompagnano a parole estrapolate dalle pagine del libro di Yanagihara apparse su blazer e borse, sono le mura di una casa che mira a custodire la fragilità dell’uomo, proprio come sostiene la pratica del Kintsugi – che significa “giunture d’oro” – : quando un oggetto si rompe non deve essere sostituito da un’altro nuovo, ma i suoi frammenti possono essere saldati tra loro da oro liquido, così che la rottura permetta all’oggetto di acquisire più valore.

E se per Valentino gli abiti intessuti di parole diventano un luogo sicuro, una custodia per le sue emozioni, per Dsquared2 la casa è da dove si proviene. La FW ’23 del brand dei gemelli Caten era ambientata nella cameretta di un millennial, mentre la SS ’24 esce fuori da un terrazzo affacciato sul mare di Palm Beach e i look preppy sono un omaggio alla “sensualità sbottonata” dei primi 2000. Denim low-waist, maglie a righe, top con stampe grafiche e occhiali avvolgenti sono i nuovi oggetti del desiderio di Dsquared2 che si riavvicina alla casa d’infanzia dove Dean e Dan sono cresciuti, a Miami. Lontano geograficamente, ma vicino nell’idea di recupero di tradizioni e abitudiniDolce&Gabbana, che rimane fedele a costumi ed usanze del tailoring all’italiana. Ancora una volta, il brand sperimenta con la sartorialità di giacche gessate, camicie in lino e pantaloni a pieghe, che si incontrano con l’innovazione di maglie velate, macro applicazioni floreali in 3D e top ad incrocio. Per Dolce&Gabbana l’Italia è un libro aperto, un’enciclopedia del sapere estetico che non finisce mai.

Al contrario a Miuccia Prada piace la fluidità, come racconta al termine del suo show SS ’24 e per lei l’uomo non abita tra le mura contrite di tradizioni tramandate, ma nell’aggiornamento del suo spazio d’azione. La collezione dal titolo “Fluid Form” è un invito alla scoperta, all’attivisimo, al libero agire, che si rivela nella personalità freak di camicie con intarsi 3D, stampe floreali, macro bag in pelle used, i quali si pongono come compagni di viaggio utili a portare con se lo stretto indispensabile, lasciandosi dietro il peso di imposizioni e pregiudizi.

Stessa storia per Magliano, il brand da poco vincitore del Karl Lagerfeld Prize, che alleggerisce il guardaroba maschile creando una couture “povera”. Le tinte scure, quasi usurate come il denim, le canotte stampate sovrapposte, i pantaloni larghi di vita, le camicie ingrigite sono tutte parti che, viste nel complesso, ricordano la divisa del proletariato, del lavoratore che abita l’industria come il Pala Magliano, location dello show. Uno smarrimento del concetto di “abitare” che volutamente confonde il dovere della vita lavorativa con il piacere dell’esistenza al di fuori e la casa, cioè l’abito, diventa uno spazio vuoto nel quale si è vissuto a lungo, crescendo e maturando con questo. Crescere pur rimanendo chi si era è l’obiettivo di Marco De Vincenzo, che compie un’anno da Etro con l’ultima collezione uomo. La SS ’24 è un messaggio cifrato colmo di allegorie: buon augurio, bellezza, eternità, lussuria e tenacia, provenienti dagli scritti dello storico seicentesco Cesare Ripa, amante dell’esoterico, come dimostrano maglie e camicie raffiguranti alcune carte dei tarocchi. Una scelta ambigua, ma un passo obbligato verso l’apertura del brand e del direttore creativo, che si allontana dalle pareti “protettive” dell’archivio, giocando allo scoperto con coperte, shorts e l’immancabile maglieria più leggera di sempre.

Leggerezza percettiva e visiva sono le caratteristiche delle mura di lino della casa-abito di Zegna SS ’24, che si riconferma uno dei massimi esperti nella sperimentazione tessile. Protagonista di questa collezione è il lino che scompare addosso tra completo dalle tinte neutre e camicie dal taglio classico. Quello ad allontanarsi di più da casa è Jonathan Anderson, non del tutto nuovo alle dinamiche di Milano, dove sceglie di sfilare per la terza volta consecutiva. Lontano dal multiculturalismo di Londra, Anderson non perde la sua irriverenza, ma la rinfresca con intrecci su maglioni cut-out, giacche cortissime e shorts tailored che rendono il giovane ribelle di JW Anderson meno chiassoso. Il titolo dello show non a caso è “Sollievo”, per rappresentare un alleggerimento da eccessi ed un ritorno alla tradizione di gomitoli e uncinetti.

Così, dopo anni in cui la creatività si interrogava su quali fossero le nuove mete del guardaroba maschile, ora il viaggio è a ritroso, verso casa. E, ora più che mai, l’uomo SS ’24 sente di dover “appartenere ad un luogo, da portare con se ovunque si vada”, come disse Émile Zola.