Agevole, rassicurante e sopratutto tendenza indiscussa dei prossimi mesi: il brown, in ogni sua forma, dimensione e taglio, è la tinta che si inserisce silenziosamente, quasi scomparendo, in ogni contesto del dailywear. Un omaggio al lusso che non si mostra, ma che si narra nei backstage dei grandi eventi dove l’esibizionismo è protagonista, anche a richiamo dei macro social trend che hanno posto in risalto un nuovo concetto di acquisto inteso come eredità e simbolo sociale. Si parla molto di un’estetica benestante che non necessita di seconde conferme per imporsi come tale, ma solo ora si guarda ai codici di questo nuovo linguaggio visivo. Così il brown, più precisamente il Coca Mocha ed il Sudan Brown, si impossessano delle collezioni FW 23 e, tra long coat di Gucci e top crochet di Loewe, si mostra in una veste diversa, così lontana da quella 00s, dove gli eccessi dell’abito giovanile lasciano spazio alla maturità convenzionale della tinta più ‘’calda’’ di tutte.Classico, moderno e futurista, nulla preclude un cappotto in lana spessa, l’unica regola che vige riguarda la sua nuance: deve porsi tra il light moca brown ed il Sudan brown. Una scelta complessa che sembra quasi guidare verso un acquisto imposto, ma non è così e la FW 23 è la dimostrazione di quante colorazioni esistano in quello che genericamente viene definito come brown.

Da Chanel a Burberry, la storia dell’abito FW 23 si infittisce e viaggia tra scenari sabbiosi e terrosi. Loewe, per la sua collezione usa una pelle scura ecosostenibile che si rivela, sin dalla sua uscita, ammaliante. “Non è questione di abiti, ma di atteggiamento”, dice il direttore creativo Jonathan Anderson al termine dello show, ribadendo l’importanza del contenuto di un abito. È in questo discorso che si posiziona l’uso del brown: non sono da sottovalutare le sue capacità “perché è capace di apparire e scomparire in un solo gesto”, come disse la Signora Prada. Allora è nella sua vestizione che vive la tinta più discussa della FW 23, come apparso in Etro, dove i suoi mille volti ed usi si incontrano in look in maglia multicolor.

Sperimentazione e convenzione, ancora una volta e per sempre: Diesel non rinuncia alla sua identità sovversiva per narrare una collezione distressed non solo nella lavorazione dei tessuti, ma anche nella scelta di tinte vissute, dove il brown si inserisce come il simbolo di un passato poi non così passato.

E tra le braccia tese dell’abito attillato di Fendi e la morbidezza del cappotto di Max Mara, il brown non appartiene ad un periodo storico, sopratutto non ha nulla a che vedere con l’antico, ma piuttosto si incornicia in un minimalismo multiuso che trova spazio non più negli archivi delle maison, ma tra le prime uscite di collezioni futuribili.

Un’anti-age a portata d’abito che nasconde storia e femminilità sotto una spessa lana. Tutt’altro che antico, il brown è sinonimo di “possibilità”. Una possibilità capace di mettere d’accordo vecchio e nuovo senza cedere al conservatorismo.