Una delle principali capacità dell’arte è quella di assumere la forma del suo temporaneo contenitore, occupando ogni lato ricurvo di questa immensa camera terrestre. Una dote che ancor prima di essere fruibile dallo spettatore è a servizio dell’arte stessa che interroga idealmente lo spazio e le sue possibilità, domandandosi se sia nato prima lui del concetto arcaico di “abitare”. Sono molteplici gli artisti che hanno dedicato la loro ricerca all’interazione spaziale, ma sono in pochi ad aver osservato il delicato rapporto che esiste tra l’uomo e la città, ovvero quello spazio dalla definizione geo-politica che abita in ognuno ancor prima di essere abitato. Tra questi nomi quello di Nari Ward, che risulta essere l’interprete contemporaneo che coniuga l’arte all’impegno pubblico. E da questa congiunzione nasce la mostra “Gilded Darkness” di Fondazione Nicola Trussardi a Milano, negli spazi del Centro Balneare Romano, dal 12 settembre al 16 ottobre 2022, dove Ward realizza un ritratto a tinte fosche del capoluogo italiano, volto a far riflettere su potenzialità a lungo rimaste nascoste.

Un’esposizione che ripercorre temi comuni, ma dall’accezione straordinaria, come quello del recupero e della rivalutazione ambientale, reinterpretate con quell’approccio sperimentale dell’installazione di Nari Ward.

Exhibition views of Nari Ward, “We the People”, 2019, New Museum, New York, ph. Maris Hutchinson / EPW Studio

Innovativa quanto tradizionale, l’installazione per Ward ha un valore intimo e personale. L’artista di origine sudamericana, trasferitosi sin da giovanissimo con la famiglia negli Stati Uniti, ricorda da sempre di essersi domandato quale fosse la storia dietro quegli scarti abbandonati lasciati lungo i viali dei centri urbani. E proprio da questo interrogativo nasce il desiderio di costruire una nuova storia, andando a recuperare passeggini, mobili, stralci di tessuto che insieme riqualificano il valore del singolo e dell’ambiente grazie all'”interazione” che, come ricorda l’artista, è sinonimo di collettività. Anno dopo anno, l’intervento ambientale, che corrisponde ad uno più complesso di tipo sociale, si consolida in Ward, rendendolo “ambasciatore” e “architetto” di città immaginarie costruite su valori dell’educazione civile e dell’etica sociale.

Nari Ward, “Amazing Grace”, 1993, exhibition views of Nari Ward, “We the People”, 2019, New Museum, New York, ph. Maris Hutchinson / EPW Studio

Lo spazio polifonico ed inclusivo del Centro Balneare Romano si apre agli spettatori con la prima opera intitolata “Amazing Grace”, realizzata nel 1993 allo Studio Museum di Harlem: ben 500 passeggini abbandonati disposti uno sopra all’altro, a forma di scafo di nave. Il nome deriva dal titolo della canzone di Mahalia Jackson che accompagna la lettura visiva dell’installazione, alla quale regala una cornice struggente e malinconica, ad avvalorare la pesantezza dei temi dietro l’opera: l’immigrazione, la politica dell’abbandono ed il divario tra popolo e Stato. Non a caso il Centro Balneare Romano venne costruito da Luigi Secchi nel 1929 a ricordo di valori come grandezza, vittoria, nazionalismo ed imperialismo, ai quali Nari Ward contrappone monumenti precari di storie di eroismi quotidiani, per mostrare che il mito di uno “spazio comune” è pura realtà ed è abitato sia da vittorie sia da sconfitte della società.

L’attivismo artistico, che coincide con quello civile, è mosso dal desiderio di ridefinire le linee continue di questa cartina geografica mondiale sostituendole con una riga tratteggiata, così che ci sia sempre uno spiraglio tra un tratto e l’altro, ad indicare l’illusione di un mondo diviso che in realtà nasconde porte aperte, superabili e percorribili. L’artista non solo mostra quanto la società sia artefice dei tempi, ma ancor di più di quanto sia costruttore degli spazi che lui solo può modificare. Così l’intera mostra non è altro che un invito a domandarsi qual è il proprio apporto alla causa pubblica e qual è il ruolo di ognuno in questa battaglia primitiva.