Marrakech, tra memoria e visione: il MACAAL e l’identità della città che guarda avanti
Quindici minuti in macchina possono bastare per attraversare un confine, all’occhio, invisibile. Nel dedalo della città vecchia la vita scorre tra botteghe che custodiscono gesti antichi, mercati che brulicano di contrattazioni, cortili ombreggiati che trattengono il fresco della notte. È la Marrakech che il viaggiatore immagina prima ancora di arrivare: viva, complessa, ancorata a un’eredità che non smette di generare fascino. Al di là di questo volto, però, ne esiste un altro, capace di dialogare con il passato senza restarne prigioniero.
Il traffico si dirada, i rumori si affievoliscono, lo spazio si apre e, in lontananza, appare il MACAAL. Da qualche anno, accanto alla città che si consuma nei cortili e nei mercati, ne vive un’altra, forse meno evidente sui social ma altrettanto potente: quella che guarda avanti. Una Marrakech che si interroga su ciò che può diventare, che esplora nuove forme di racconto e linguaggi inediti. Che, attraverso l’arte contemporanea, prova a uscire dai cliché che la vogliono eternamente folkloristica, immobile nel tempo.
Il MACAAL, Museo d’Arte Contemporanea Africana Al Maaden, si colloca fisicamente e simbolicamente in questo spazio di passaggio. La scelta dell’area di Al Maaden non è stata casuale: logisticamente offriva lo spazio per un’architettura ambiziosa; culturalmente, la possibilità di inserirsi in un quartiere in trasformazione, contribuendo alla sua crescita. Infine, simbolicamente, invita a lasciare il quotidiano per entrare in un luogo di riflessione. Il dialogo con la città è costante: “MACAAL è profondamente radicato nell’identità di Marrakech, non è un’istituzione isolata, ma ascolta la città, ne riflette le voci plurali e ne accoglie la complessità.” racconta Othman Lazraq, presidente della Fondazione che ha dato vita al museo insieme alla famiglia Lazraq, collezionisti e promotori culturali da oltre trent’anni.
Disegnato dallo studio di architettura Studio KO, l’edificio combina linee essenziali e materiali caldi, evocando la terra e la luce del Marocco, ma con una forma che guarda al futuro. L’uso della luce, calibrato con attenzione, accompagna il visitatore in un’esperienza che alterna apertura e intimità.
“Il MACAAL nasce da un’urgenza culturale. È il desiderio di raccontare una parte del continente che troppo spesso viene messa tra parentesi: l’Africa che crea, che innova, che immagina” spiega Lazraq. È il cuore della Marrakech che sperimenta, dove il Marocco – e con esso una parte di Africa – prova a riscrivere il proprio immaginario culturale. Qui, le trame dei tappeti trovano eco in opere tessili concettuali, le geometrie dei mosaici si riflettono in installazioni luminose, e le storie orali si trasformano in video e performance capaci di parlare al presente.
Il museo ospita oggi una delle collezioni permanenti più significative dell’intero continente africano. Una raccolta costruita con pazienza, attenzione e visione, che però non si limita all’esposizione: “Non volevamo un museo statico” continua Lazraq. “È per questo che abbiamo investito nelle residenze d’artista, negli archivi audiovisivi, nelle attività con le scuole e nei laboratori. È uno spazio che vive di relazioni e che cambia con gli artisti che lo attraversano.”
Muovendosi tra le sue sale, il visitatore si immerge in un racconto polifonico fatto di fotografie, video, pitture, tessuti e installazioni. Ogni opera dialoga non solo con la successiva, ma anche con il contesto, con il continente e con le storie di chi l’ha creata. I temi spaziano dalla memoria all’identità, dalle fratture storiche alle migrazioni, dalla spiritualità alla relazione con l’ambiente, sempre filtrati da una lente contemporanea e a tratti, poetica.
La selezione degli artisti si basa su criteri chiari: “Cerchiamo rigore e onestà nel lavoro – spiega Lazraq – non importa il medium, conta la profondità della ricerca e l’urgenza della pratica. Ci interessano artisti capaci di confrontarsi con il proprio contesto, che sia politico, ambientale o personale, e che spingano i propri linguaggi per porre nuove domande.”
Tra gli artisti che meglio incarnano l’equilibrio tra tradizione e sperimentazione Lazraq cita Abdoulaye Konaté, che trasforma le tradizioni tessili maliane in opere politiche e monumentali, e Amina Agueznay, che fonde artigianato, forme architettoniche e partecipazione collettiva in installazioni immersive.
Project: Sofia Spini e Giorgia Calia @sofispini @giorgiaacaliaa
Words: Giorgia Calia @giorgiaacaliaa
Digital Director: Giulia Pacella @giupac79