Coco Chanel aveva un sogno, un grande sogno, che non era lo stile: lo stile fu solo il mezzo per realizzarlo. Coco desiderava essere indipendente, diventare se stessa, esistere nel senso pieno del termine e mettersi al riparo dalle necessità. Il suo sogno nasce dopo la morte della madre e l’abbandono del padre, in un orfanotrofio di Aubazine. A esaudirlo sarà l’uomo più importante della sua vita, il suo unico e vero amore Boy Capel.

Tutto inizia nel 1908, quando il loro amico comune Étienne Balsan, che la ospita nella sua abbazia di Royallieu insegnandole l’arte equestre, le presenta Boy durante una passeggiata a cavallo sui Pirenei. Coco ha già chiesto ad Étienne di aiutarla con la sua attività di cappelli e lui, credendo che sia solo un capriccio per tenersi occupata, la asseconda mettendole a disposizione la sua garçonnière in boulevard Malesherbes. Un appartamento di tre stanze al pianterreno, dove un tempo Étienne soleva portare le sue amanti. Boy è ovviamente al corrente del suo progetto e, fin da subito, la incoraggia in questa nuova avventura, ma, dopo un anno, Coco capisce che con quel lavoro a domicilio, in una sistemazione semi clandestina, nessuno la prenderà mai sul serio: serve un atelier in una via centrale di Parigi e per realizzare la sua idea servono fondi.

Étienne non vuole sentire ragioni: Coco non ha alcun bisogno di lavorare, lui può occuparsi di lei, che figura farebbe agli occhi di tutti? Indignato da quell’assurda richiesta, non le presta un solo centesimo. Boy, al contrario, è innamorato e capisce il suo desiderio di indipendenza. Nel 1910 affitta per loro un grazioso appartamento in avenue Gabriel – pensa il caso – e nell’autunno dello stesso anno, chiede un fido alla sua banca per aprire l’atelier di Coco. Un grande appartamento al primo piano di rue Cambon 21, una via parallela a rue Royal, che fiancheggia la parte posteriore dell’hotel Ritz. Accanto alla porta d’ingresso, una targa “Chanel Modes”. Boy ha conoscenze ovunque e le sue amiche diventano le clienti di Coco, ma fa di più: le affianca una professionista della moda, mademoiselle De Saint-Pons, a cui fa una sola raccomandazione: “Faccia di tutto per compiacerla, purché non cambi”.

Boy vuole che Coco abbia fede in se stessa e che abbatta tutti gli ostacoli interiori che potrebbero impedirle di esprimere la sua identità. In rue Cambon l’attività di Coco è sempre più fiorente o, almeno, è ciò che lei crede. È chiaro che s’intenda più di moda che di affari, ma le sfugge un passaggio importante. Boy ha aperto un conto a suo nome e le ha consegnato un carnet di assegni spiegandole: “Quando hai bisogno di soldi, vedi, è molto semplice: scrivi la somma qui e firmi lì”. È talmente semplice che Coco spende tutto in paraventi Coromandel, che anche Boy ama tanto. Si procura i più belli che riesce a trovare ed è così fiera dei suoi acquisti che un giorno gli confida: “Costano, sai?”. “Sì che lo so! Proprio ieri la Lloyds mi ha telefonato per segnalarmi che hai prelevato un po’ troppo ultimamente… Ma non è poi così grave”. “La banca ti ha telefonato? E perché non ha chiamato me? Quindi dipendo da te?”, chiede sgomenta. Ciò che Boy non ha voluto dirle prima per delicatezza, ma, soprattutto, perché vuole che resti se stessa e non diventi un’avida calcolatrice, è che ha depositato dei titoli a garanzia per fornirle i fondi necessari ad avviare l’impresa, ma, per il momento, il denaro che preleva non è stato guadagnato da lei. Quelle rivelazioni le vengono fatte durante una cena a Saint-Germain-en-Laye: inutile dire che a Coco passa l’appetito. Esce dal ristorante e si addentra nella foresta, camminando dritta per la sua strada fino allo sfinimento, seguita a stento da Boy che, nonostante sia un abile giocatore di polo, detesta camminare.

I due rientrano a Parigi e raggiungono l’appartamento in avenue Gabriel. Coco è di fronte a quei bellissimi paraventi Coromandel in lacca nera con decori d’oro che credeva di aver comprato con i suoi guadagni, e ora li detesta almeno quanto Boy. “Presi a odiare quest’uomo ben educato che pagava per me. Gli gettai la borsa in pieno viso e fuggii”. Coco lascia l’appartamento, ma fuori piove a dirotto, Boy la segue lungo il viale, poi in place de la Concorde. “Coco! Sei pazza! Andiamo, sii ragionevole!”, grida cercando di guadagnare terreno. Finalmente la raggiunge sotto i portici di rue de Rivoli, davanti alla libreria Smith, lei singhiozza grondante di pioggia, ha i capelli scomposti e incollati al viso, Boy la stringe tra le sue braccia e la riaccompagna a casa. “Se sei così orgogliosa – mormora con aria preoccupata – non hai finito di soffrire”.

Il giorno seguente Coco arriva in atelier e dice alla sua assistente: “Angèle, non sono qui per divertirmi o per spendere a vanvera. Sono qui per fare fortuna. D’ora in avanti nessuno toccherà un centesimo senza consultarmi. Coco si fa portare da mademoiselle De Saint-Pons i libri contabili che non ha mai visto, ancora non sa nulla di investimenti e profitti, ma non ci mette molto a imparare e il rigore della sua gestione dà presto i suoi frutti. Alla fine del 1915, dopo l’apertura della boutique di Biarritz, Coco chiede al suo contabile quale somma può ritirare senza mettere in pericolo la casa di moda e la cifra è tale da consentirle di restituire a Boy tutto ciò che le ha anticipato fino a quel momento. Potrebbe avvertirlo, ma probabilmente lui non accetterebbe e lei vuole essere indipendente: ai suoi occhi è questo lo scopo del denaro. Il giorno seguente, di buon ora, Coco fa trasferire sul conto di Boy l’intera somma, aggiungendo addirittura degli interessi adeguati. È la sua banca, la Lloyds, a dargli notizia. Boy è un po’ contrariato dal suo gesto e un giorno, mentre passeggiano sulla spiaggia di Biarritz, con una punta di tristezza, le dice: “Credevo di averti dato un giocattolo, e invece ti ho dato la libertà”.

Mesi prima lei le aveva detto: “Non saprò mai veramente se ti amo, fino a quando non avrò più bisogno di te”. Il momento è arrivato: ora sa quanto tiene a lui. Alla morte di Boy, il 22 dicembre 1919, Coco perde l’unico uomo che abbia mai amato. “O porto avanti ciò che abbiamo costruito insieme o muoio anch’io”. Tra loro non è mai esistito un contratto commerciale o un certificato di matrimonio, ma il logo della doppia C, Chanel e Capel, li ha uniti per sempre, conferendo a quel sogno il sapore dell’eternità.