Torna con la sua undicesima edizione Video Sound Art, festival dedicato all’arte contemporanea che durante gli anni ha invitato diversi artisti a dialogare con contesti lontani dai luoghi espositivi tradizionali ed istituzionalizzati. Così, centri abitati dalla comunità come sotterranei, sedi scientifiche, centri sportivi e teatri, come nel caso dell’edizione 2022 che si svolge al teatro Cardano di Milano, diventano luoghi da esplorare, dove il pubblico sceglie il percorso da affrontare e dove ha la possibilità di confrontarsi con lo staff del festival stesso, come fosse una sorta di pratica che riposiziona i principali ruoli del sistema dell’arte, abolendo in un certo senso la formula dello scambio univoco e ricostituendo il concetto di autorialità.

Daniel de Paula, power-flow, 2021, folgorite, cavo dati sottomarino, staffa di montaggio per antenna ad alta frequenza, fascette in alluminio, installation view, Video Sound Art XII edizione, Teatro Carcano, Milano, 2022, ph. Francesca Ferrari

Il festival ruota attorno al concetto di oggetto, non più semplice elemento di vita quotidiana, ma strumento di lettura e apprendimento del passato. Laura Lamonea, curatrice di Video Sound Art – The life of things and the invisble qualities of objects, sostiene che il percorso espositivo si concentri “sulla vita delle cose, sulle possibilità inesplorate che ogni oggetto custodisce in relazione alla storia, all’identità e alle relazioni sociali”, insistendo sulle relazioni che sussistono tra di noi, gli oggetti e la materia di cui questi sono composti. Emerge così un ritratto visibile dall’entità collettiva, quella che G.Kubler definisce come “forma del tempo”, il frutto di un approccio che potremmo identificare come antropologico, nei confronti di quelli che sono considerati oggetti artistici. È il caso delle opere scultoree realizzate da Daniel De Paula, elementi composti da materiali di recupero come antenne in disuso, cavi elettrici e folgorite, che dialogando perfettamente con l’installazione su LED scomponibile, realizzata anche in questo caso dall’artista di origine brasiliana, denunciando lo sfruttamento del paesaggio da parte del sistema capitalistico. Riprese video apparentemente neutre concesse all’artista da parte di multinazionali attive nel settore dell’estrazione di risorse naturali e della telecomunicazione testimoniano lo stadio avanzato dell’inquinamento ambientale e non solo; l’artista infatti accompagna l’esperienza multisensoriale servendosi di frammenti di suono, dell’autotune per essere precisi, utilizzati da società che si occupano di estrazione del petrolio grezzo per mappare ampie porzioni di suolo.

Se la produzione e lo scambio di merci sono al centro dell’opera di De Paula, con “Cosmic Generator”, Mika Rottenberg connette diverse parti del mondo ricreando una sorta di “vita dell’oggetto”: Yiwu (Cina), Mexicali (Messico) e Calexico (California) sono collegate attraverso una rete di tunnel che testimonia la facilità con cui certi prodotti circolano nel mondo, a differenza di molti altri che non riescono a compiere viaggi decisamente meno distanti. La stanchezza dei personaggi che animano la video installazione è un chiaro rimando alla condizione di sfruttamento che subiscono molti componenti della catena di produzione.

Passati attraverso i tunnel delle fondamenta del teatro Cardano dove vive l’opera di De Paula, attraverso i tunnel immaginari di Mika Rottenberg, il pubblico è invitato a percorrere il tunnel creato dall’installazione proposta da Letizia Cariello, “Con Te”. Una sequenza di 21 video girati nella campagna piemontese ritraggono campi di grano mossi dal vento, restituendo un senso di incertezza e spaesamento che trasporta il corpo in una nuova dimensione e gli permette di trovare riposo soltanto all’interno di L’ombra mia mi ha fatto paura, scultura in tessuto che ricorda la struttura di una tenda, simbolo della cultura nomade e simbolo di instabilità per eccellenza.