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Set therapy with Martina Scrinzi

Orecchini Giovanni Raspini
VERTICALE copia
Abito Emé, collana e bracciale Crivelli

Set therapy. Quella con Martina Scrinzi – giovane attrice italiana rivelazione del film Vermiglio (2024) e protagonista della nostra digital cover di Settembre 2025 – più che un’intervista è stata una chiacchierata intima e rilassata. Come gli scambi a cui ti lasci andare quando sprofondi nei divani sicuri delle amiche o sul lettino dell’analista. Senza timore di dire la cosa sbagliata, senza paura del giudizio. Con schiettezza e libertà. Con generosa serenità. Cosa che difficilmente accade di questi tempi e in questi ambiti.

Tempi ansiosi, frenetici, ipercontrollati, dove anche il più sconosciuto “talent” si veste di un finto divismo per darsi un tono hollywoodiano, circondandosi di stuoli infiniti di agenti, manager, personal assistant e chi più ne ha più ne metta. Vere e proprie armate Brancaleone che si muovono a testuggine intorno all’artista emergente di turno, trattato, gestito e schermato come nemmeno Whitney Houston negli anni ’90 osava fare. Schieramenti di entourage che farebbero impallidire le scorte reali di Buckingham Palace, pronti a mettere a tacere chiunque si azzardi a rivolgere una parola e una domanda non concordata. Così da annullare perfino la più piccola traccia di spontaneità e verità in ogni conversazione.

E poi invece c’è lei, Martina Scrinzi. Nuova anti-diva (supportata da un management e da un ufficio stampa dotati di raro buon senso e garbo gentile) che si muove su tutt’alt(r)e frequenze. Lo dimostra attraverso ciò che racconta in questo intervista. Ma anche nel modo in cui si muove e in cui osserva le cose intorno a sé. E ancora, per il modo in cui ha vissuto lo shooting con The Collector. Easy like Sunday morning (verrebbe da cantare).

Scattiamo a Milano, in Ripa di Porta Ticinese, nella sontuosa Casa Cirla, un palazzo pre liberty progettato da Sommaruga nel 1895, in cui Probeat Agency – che ci ospita per lo shooting – ha stabilito il suo nuovo headquarter. Martina ha puntato la sveglia ben prima dell’alba, mi rivela. È partita dalla sua casa di famiglia, sperduta nei i boschi tra le montagne in provincia di Rovereto («una casa che non ha né un indirizzo preciso, né il wi-fi»). Arriva in stazione, a Milano Centrale, in treno, da sola. Senza manager, né pr e senza nemmeno volere un autista privato che l’accompagni sul set. Capelli raccolti in una coda morbida, cappellino da basket beige, jeans e occhiali da sole. Le lenti fumé non riescono a schermare la forza e la bellezza di quei due occhi limpidi e adamantini, puri come quei laghi che affiorano tra le sue amate vette trentine. Viso struccato, sorriso spontaneo e disarmante. Una gentilezza, un’umiltà e una semplicità rare. Anzi, oserei dire, rivoluzionarie (visti i tempi di cui sopra).

Ci spostiamo insieme dalla stazione alla location, mentre la città si sveglia. Osservare il suo sguardo – che contempla con pacata meraviglia la quotidianità della metropoli che si srotola lungo il tragitto – dona un’immediata sensazione di benessere e di pace. É come se avesse la capacità di sintonizzarsi e sintonizzarti sulle giuste frequenze energetiche. Il dono di far rallentare le cose. Eppure mi confessa di non essere così capace di gestire lo stress. Non l’avrei mai detto, traspare esattamente il contrario. Sarà perché fa l’attrice. O sarà merito della sua voce calma, di quegli occhi che ti portano nell’azzurro infinito o di una vita vissuta da sempre e davvero in stretta connessione con la natura (eccezion fatta per il recente trasferimento a Roma assieme al fidanzato, il regista Kia Khalili Pir). Che strana magia!

Non è solo una questione di understatement e di slow living. Martina Scrinzi al pari della sua Lucia (ruolo interpretato nel film di Maura Delpero candidato al Golden Globe 2025 come miglior pellicola straniera e che le ha fatto conquistare anche la candidatura come miglior attrice ai David di Donatello 2025) emana una sorta di “forza tranquilla” (per dirla alla Séguéla). Un senso di concretezza e autenticità.

Se in Martina c’è molto di Lucia — come ammette lei stessa: «abbiamo entrambe la genuinità di chi nasce e vive a contatto con la terra» — Martina è anche tanto altro, e l’idea di restare dentro quel perimetro le va stretta. «Da quando ho girato a oggi è passato tanto tempo: sono cresciuta e alcune cose, rivedendole, forse le rifarei diversamente», dice. C’è un universo nuovo che preme per venire alla luce: sfumature e contrasti che superano i tratti del suo personaggio.

Si definisce semplice, alla mano. Ma aggiunge anche di essere allergica alle etichette, insofferente alle definizioni: preferisce muoversi libera, senza gabbie, pronta a scoprirsi sempre nuova, diversa, in evoluzione. Per questo, confessa, i set di moda la entusiasmano: ama provare i diversi abiti di uno shooting, si diverte a farsi truccare e le piace osservare quale lato di sé stylist e team creativo scelgono di far emergere. «Mi piace vedermi con questo abito di pelle bordeaux: è sexy ed elegante (una creazione Emé, n.d.r.). È inedito per me, eppure lo sento mio», racconta tra un cambio di look e l’altro, confermando quel desiderio di non farsi incasellare e di giocare volentieri con la propria immagine. E anche con i ruoli cinematografici.

Dopo il successo di Vermiglio, che le ha regalato un anno incredibile, è reduce da un set che apre un nuovo capitolo nella sua carriera d’attrice.

Hai da poco finito di girare Roma Elastica, il nuovo film di Bertrand Mandico con Marion Cotillard la cui uscita è prevista per il 2026. Che esperienza è stata? E cosa puoi dirci del ruolo che hai interpretato?
Questo film è completamente diverso da Vermiglio. Restiamo nell’ambito del cinema d’autore, ma l’abbiamo girato in Francia: è un progetto francese diretto da Bertrand Mandico. Nel cast ci sono star italiane e francesi e per me è un ruolo molto diverso da Lucia. Senza svelare troppo, posso dire che è un personaggio difficile. A differenza della recitazione pulita e naturale di Vermiglio, quasi minimalista, qui ho potuto spingermi verso un registro più teatrale, come piaceva al regista, un’atmosfera quasi felliniana.

Hai recitato accanto a Marion Cotillard. Quali ricordi porterai con te?
Ho girato la maggior parte delle scene con lei. Ma più che ricordi di episodi specifici, conservo la sensazione della grande emozione che ho provato nel lavorare con un’attrice del suo calibro. Sono cresciuta con i suoi film, ho i DVD a casa; vederla lì, in carne e ossa, mi ha quasi paralizzata. Anche perché ha vinto l’Oscar per un film che ho amato tantissimo (La vie en rose, n.d.r.): è un mito per me.

Cosa ti ha colpito di più di lei, standole accanto sul set?
Il suo carisma puro. Pur con un’esperienza enorme, sembrava “non fare nulla” eppure era potentissima. Faceva tutto senza sforzo e la macchina da presa andava naturalmente su di lei: lei catturava tutto. Sul set la sentivi, è magnetica.

Quali sono i tuoi progetti professionali più imminenti?
Quest’estate ho scelto di fermarmi un attimo, uscire dalla bolla e capire bene i prossimi passi. Nel breve, vorrei un nuovo progetto cinematografico importante che mi dia soddisfazione, ma ho anche voglia di sperimentare: magari tornare a teatro.

C’è un ruolo o un personaggio del passato che ti piacerebbe interpretare? E da chi ti piacerebbe essere diretta?
Mi affascina moltissimo il personaggio interpretato da Cate Blanchett in Blue Jasmine: ha una profondità umana e sfumature che mi parlano. Quanto ai registi, oltre a chi ho già incontrato, mi incuriosisce lavorare con autori giovani ed emergenti: amo l’idea di sperimentare. E poi mi piacerebbe lavorare con Alejandro González Iñárritu.

Qual è per te l’aspetto più difficile, la sfida più grande in questo mestiere?
Rimanere lucidi. Non tanto per il personaggio in sé, ma per tutto ciò che ruota attorno: la macchina del cinema, la promozione, la moda, la pubblicità. Sono cose che ti fanno correre a mille, ma portano anche stress e rischiano di togliere focus. E quando tutta la giostra intorno comincia a girare all’impazzata, sento il bisogno di fermarmi un attimo e ricordarmi che il mio lavoro è recitare, migliorare il metodo, sperimentare.

Cosa pensi del cinema italiano oggi?
Il cinema in generale vive una crisi di storie originali e sceneggiature forti: non è solo un problema italiano. In Italia però facciamo fatica a dare spazio ai giovani, soprattutto ai registi, e questo pesa.

Che posto ha l’amore nella tua vita, considerando che per te si intreccia anche con il lavoro?
A volte è un’arma a doppio taglio. Ogni tanto ci chiediamo se stiamo insieme “per il lavoro”, ma alla base c’è una relazione sana, un amore solido. Ogni tanto serve un time out per stare solo noi due, senza parlare di cinema. È inevitabile comunque che il lavoro entri in casa: tra me e Kia c’è un grande scambio di idee.

È stato un colpo di fulmine?
No. Ci siamo conosciuti sul set di Mostro intruso aspro e, ironia della sorte, mentre lavoravamo pensavo: “Con uno così non potrei mai starci”. Poi, finite le riprese, ci siamo risentiti, ci siamo rivisti dopo qualche mese e da lì è iniziata la nostra storia.

Quanta importanza dai ai social? Sei una che riesce a disconnettersi?
Assolutamente no (ride n.d.r.). È un difetto: passo troppo tempo al telefono, soprattutto nei periodi di lavoro e spostamenti. Ho aperto la mia pagina Instagram subito dopo Vermiglio e lo vivo come un curriculum visivo: pubblico solo cose legate al lavoro, mai vita privata. Però l’app è lì e rischi di passarci troppo tempo: può diventare una dipendenza e cerco di essere molto attenta a non esserne fagocitata.

Oggi ti trovi sul set di uno shooting di moda per la digital cover di The Collector. Come vivi la differenza tra con il set cinematografico?
Per me i set di moda sono comunque un’occasione per interpretare un personaggio: c’è sempre una quota di recitazione. Sono set spesso molto creativi, a volte quasi terapeutici: ti diverti, sperimenti, ti riscopri in vesti che credevi “non tue” e che invece funzionano.

Come vivi l’idea di poter essere, o diventare, un modello per la tua generazione?
Non mi dispiace. Con Vermiglio molte scuole mi hanno chiesto di incontrare gli studenti; alcune ragazze mi chiedono consigli e la cosa mi fa piacere. Se mai diventassi una loro icona, vorrei che fosse per il mio lavoro, non per la vita privata. Non mi interessa essere associata ad altri ambiti, non voglio essere seguita perché racconto, per esempio, della mia dieta o della mia beauty routine: preferisco che i giovani mi chiedano consigli sul mio mestiere.

Come vivi il rapporto con la moda e la tua immagine?
Lo vivo come una riscoperta e un gioco creativo. Finora ho avuto esperienze sempre positive e questo mi aiuta ad accettare e a valorizzare anche questo lato del mio lavoro.

Sei cresciuta a Rovereto, in una casa isolata, immersa tra boschi e prati, senza il wi-fi e con una mamma educatrice molto vicina al metodo Steineriano. Quanto ha contato tutto questo nella persona che sei oggi?
Mia madre ha scelto un’educazione diversa da quella classica, piuttosto rigorosa ma preziosa. Spesso il mio ragazzo scherza e dice che sono “figlia dell’Ottocento” perché non sono stata contaminata da internet o tv.  Da adolescente l’ho vissuta a volte come una mancanza: niente televisione, niente vicini, niente fermate dell’autobus sotto casa.  Anche solo fermarsi in biblioteca a Rovereto il pomeriggio con le mie amiche, senza averlo programmato prima, era complesso perché vivevo lontana dalla città: capitava che mi sentissi esclusa rispetto ai miei coetanei. Oggi però ringrazio per quell’infanzia: il contatto con la natura mi ha dato valori solidi e una sensibilità diversa. Di contro, alcune cose come i meme non li capisco perché ho cominciato a usare Instagram relativamente da poco .

Che rapporto hai con il tuo corpo?
È sempre stato buono, ma nel mondo del cinema e della moda il confronto con certi canoni crea inevitabilmente delle insicurezze. Negli ultimi anni ho iniziato a curarmi di più — pelle, allenamento — per sentirmi più allineata, ma ogni volta che esco dalla “bolla” e torno nella vita vera mi accorgo che in realtà sto bene così. Il teatro-danza, che ho praticato a lungo, mi ha dato molta serenità e un rapporto naturale con il corpo. Il cinema, invece, talvolta pone molta più attenzione all’immagine e questa cosa può destabilizzare.

Come stai vivendo il successo? Ti senti diversa?
Mi sento ancora me stessa, forse solo più stressata, un po’ più ansiosa. Devo ricordarmi che ogni piccolo traguardo è già un successo. A volte si rischia di dare tutto per scontato, e invece anche il fatto che Vermiglio continui a essere selezionato ai vari festival è incredibile. Ogni proiezione è un risultato.

C’è un segreto secondo te per non lasciarsi travolgere dalla fama e non perdere il senso della realtà?
Ho la fortuna di avere accanto persone genuine — la mia famiglia, il mio compagno — che mi aiutano a restare ancorata e lucida.

Che rapporto hai con il tempo? Sei nostalgica o proiettata in avanti?
Sono un po’ malinconica: ogni tanto penso “se avessi fatto così…”. Però so andare avanti: non resto incagliata nei torti, guardo oltre.

Cosa sogni per il tuo futuro?
Una vita più stabile, per me e per le persone che amo.

La lezione più dura che hai imparato finora?
Che crescere significa anche imparare a convivere con l’incoerenza. Da ragazza dicevo “questa cosa non la farò mai” e poi mi è capitato di farla. All’inizio fa male, ma ho capito che sbagliare e contraddirsi è parte della crescita.

Come vivi le tue fragilità? Ti mostri vulnerabile o tendi a indossare una maschera?
Riconosco le mie vulnerabilità e cerco sempre di lavorarci sopra. Accetto le mie debolezze ma non mi piace subirle, preferisco affrontarle e trasformarle. E di base, come molti attori, tendo a a coprirle un po’ però alla fine si vedono.

Ma quegli occhi non mentono…

Già! E io non so mentire.

 

Talent: Martina Scrinzi @scrinzimartina
Photographer: Luigi Cianfarano @luigi_cianfarano
Digital Content Director & Styling: Nicola Pantano @nicolapantano_
Fashion Coordinator e styling assistant: Sofia Riva @_sofia.riva
Make-up: Karin Borromeo @karinborromeo @blendmanagement using @comfortzoneskin_official
Hair: Alexander Markart @alexander_franzjoseph @blendmanagement
Editor in Chief: Andrea Bettoni @_andreabettoni
Digital Director & Words: Giulia Pacella @giupac79
Producer: Lorenzo Salmone @salmonelorenzo
Photographer assistant: Luca Mancuso @lucamancuso_
Agency Talent: Agave Talent @agave_talent
Ufficio Stampa Talent: Andreas Mercante @andreasmercante
Casting: Michele Bisceglia @michelebisceglia_
Location: ProBeat Agency @probeat_agency