FASHION

Never Ending Cruise

Louis Vuitton Cruise Collection 2026 - Photo Courtesy of Louis Vuitton
Vuitton 6

Con Venere Vesuviana, la sfilata Max Mara alla Reggia di Caserta, si è chiusa ufficialmente la lunga stagione delle Cruise Collection 2026. Veri e propri destination show che che ruotano di consuetudine intorno a luoghi specifici in quanto destinazioni. Del resto, si dice, che il viaggio cominci riempendo la valigia. Come quello di Jack Kerouac, che intraprese un lungo viaggio sulle sponde dell’Atlantico con poco più che una maglia ed un pantalone a coste. I suoi personaggi autobiografici sono spesso sciatti avventurieri che riversano in un’uniforme spoglia la volontà di vestirsi di una cultura nuova. E facendolo solcano non solo “La strada” ma anche mari e oceani, come accade nel romanzo postumo “Il mare è mio fratello”. Se quella letteratura neoromantica definiva questo viaggio come ‘’esperienziale’’, la moda oggi usa un linguaggio più commerciale che ruba la definizione ‘’Cruise’’ al vocabolario nautico. Una crociera che non naviga mari inesplorati in cerca della nuova frontiera estetica, ma che solca oceani economici capaci di risanare le casse infrastagionali dei grandi brand, sopratutto ora che il prêt-à-porter ha invertito la rotta mirando ai cosiddetti clienti ‘’pochi ma buoni’’. Sono loro gli ospiti di questi show itineranti che hanno l’antico scopo di presentare collezioni un tempo concepite per soddisfare il guardaroba di quei super clienti che sarebbero andati in vacanza in zone tropicali per l’intera stagione estiva.

Da qui il termine ‘’Cruise’’ in richiamo all’atmosfera ‘’da crociera’’ dei capi, la cui maternità è da rintracciare nella biografia di Chanel, capace di intuirne il potenziale già nel 1919, quando aggiunse al calendario produttivo e creativo una pre-collezione per le sue clienti più fedeli, che le chiesero di ideare dei look in occasioni di viaggi extra-europei, spesso verso le spiaggie della Florida. Quest’anno i grandi capitani della moda hanno deciso di approdare sulle sponde del mediterraneo, giocando ‘’in casa’’ se si guarda alla geografia continentale delle maison. Da Chanel sul Lago di Como, Gucci a Firenze, Pucci a Portofino fino a giungere a Dior e ancora Max Mara a Caserta, l’Italia è stata la meta (quasi) unica del calendario Resort 2026, che per la prima volta interrompe il rimbalzo di stampa e invitati da un paese all’altro per convergere tutto nella penisola che non c’è, o per lo meno che non c’era. Considerato che erano anni che le maison sceglievano località remote anziché puntare sulle proprie origini. Non tanto e non per tutte origini biografiche, ma di sicuro produttive ed artigianali. Basti pensare che il 60% della manifattura del lusso riporta l’italianità cucita sull’etichetta. L’unica eccezione all’italian destination è stata fatta da Louis Vuitton, che ha scelto Avignone come location dello show, ma pur sempre non così lontano dagli altri appuntamenti tutti italiani.

Un’ode all’italianità riadattata a un pubblico internazionale che gioca d’astuzia limitando gli spostamenti di press, buyer e VIP client. La si potrebbe vedere come una logica di convenienza logistica ed economica, che nasconde cospicue donazioni, opere di restauro e investimenti pubblici, dietro un evento esclusivo da milioni di euro. Un equilibrio tra dare ed avere che vede i principali gruppi del lusso portare ingenti somme in loco, e istituzioni concedere la gestione di monumenti e spazi pubblici per qualche giorno.

È il caso di Gucci che per sfilare nel proprio archivio a Palazzo Settimanni, tra suggestioni 80’s e richiami agli annali del brand, ha chiuso la storica Piazza Santo Spirito di Firenze, risarcendo i commercianti che affacciano sulla piazza con una cospicua somma per l’incasso mancato. A questo si aggiunge l’aumento di turismo che un evento simile può generare, come si è assistito a Como che, grazie allo show vacanziero da riviera di Chanel, ha registrato un aumento delle visite sopratutto nella frazione di Cernobbio e nella storica Villa d’Este, scenografia della sfilata. Già da questo si può capire che ormai la Cruise è molto più che una collezione speciale, ma un atto di diplomazia culturale che intesse rapporti tra brand, pubblico selezionato e località ospitante. Un gioco di potere nelle località dove il potere è solito soggiornare: questa lezione la impartisce sopratutto Pucci che scegliendo Portofino come location dello show unisce branding di lusso, heritage e patrimonio culturale. Lo fa richiamando le origini agiate, nobiliari del fondatore, il concetto di esclusività che una località costiera dall’accesso limitato può trasmettere e l’unicità del paesaggio che culla l’occhio del pubblico in un immaginario onirico, idilliaco, rendendo la maison capace di realizzare i sogni dei propri consumatori più importanti. Ma se si parla di scenografia non si può non citare Dolce&Gabbana che, dal 2016, porta le proprie linee Alta Moda, Alta Sartoria e Alta Gioielleria nelle località più spettacolari del Paese. Uno spettacolo di giorni, che rompe le regole della classica collezione fatta e finita, ma che si protrae in una celebrazione dell’abito e del suo acquirente, sul quale si progetta l’intero evento con la partecipazione di celebrity e nomi noti invitati per andare a completare la cornice esperienziale messa su per il consumatore selezionato. Quest’anno sarà la volta di Roma che segna un doppio appuntamento per il brand in occasione dello show d’Alta Moda previsto per Luglio 2025, a distanza di un mese dall’inaugurazione del secondo atto della mostra autobiografica che da Milano giunge negli spazi di Palazzo delle Esposizioni nella capitale.

Non lontano da lì Dior ha salutato la direttrice creativa con l’ultimo show, a Villa Albani Torlonia, nel cuore della Roma tardo barocca. Uno show che sembra sfogliare le pagine di un copione teatrale, di quegli spettacoli al Teatro della Cometa, ora riaperto dietro investimento personale della stessa Maria Grazia Chiuri ora direttrice artistica dello spazio, che per la sfilata porta in scena un ballo in bianco nei giardini della villa. La sfilata è stata un omaggio alla teatralità non solo della contessa Mimì Pecci-Blunt, ma anche alla natura spettacolare della Cruise.

Sulla stessa linea, e in una cornice storicamente vicina, Max Mara presenta la sua collezione nel giardino alla francese della Reggia di Caserta dove va in scena uno spettacolo minimale di forme e tinte calde. A giocare tra il verde delle piante ed il bianco marmoreo del palazzo, le linee classiche del brand che investe su una continuità tra valore storico e innovazione futurista che si rivela nelle forme 60s tagliate da un corpo che si mostra alternandosi. Un’esibizione che ricorda un ballo regale moderno, che rompe un codice estetico antico per la modernità dei tempi stupendo anche il pubblico più conservatore che ancora associa l’abito alla veste monacale. In fondo ogni collezione ha il dovere di conquistare lo stupore dello spettatore, ma per la Cruise lo stupore deve essere doppio: quello stilistico e quello scenico. Come disse il giornalista Luke Leitch ‘’l’attenzione è l’unica moneta’’, alludendo al media value che genera una collezione solamente grazie allo share sui profili delle principali piattaforme social dei pochi fortunati presenti. Questo delinea un ritratto grottesco della moda che, come scrisse sempre Leitch, riduce l’abito ad una performance, confinato nel tempo di un trend.

Ma non è il caso delle Cruise Collection che ancora si nascondono dietro la cinta muraria dell’esclusività, bagnate dal mare della popolarità, ma ancora ben lontane dall’apertura dei confini ad un pubblico più ampio. Ma forse è proprio per questo che la scelta dell’Italia come meta è ora più funzionale che mai: perché sotto i grandi riflettori mediatici ha riposto le aspettative di un pubblico insaziabile, di un’economia che capitalizza sull’esperienza, ma che cede alla meraviglia di un paesaggio e da quello si fa guidare verso l’acquisto milionario di intere collezioni.

Words: Luca Cioffi

Digital Director: Giulia Pacella