FASHION

In touch with Anita Pomario

Sciarpa e maglione Des Phemmes, scarpa Zanetti
Anita Pomario mobile
Lupetto e culotte Saleri, abito Patrizia Pepe, scarpe Casadei

Anita Pomario appartiene a quella generazione di attrici che non hanno paura di mostrarsi complesse. Vive i ruoli come esperienze da abitare, più che da interpretare, e sente ogni storia come un’estensione di sé.
Tra teatro e cinema, tra Ragusa, New York e Palermo, ha costruito un percorso che riflette curiosità, libertà e una certa distanza dalle etichette. Ama la solitudine quanto la scena, adora il disegno e cerca il silenzio. Guarda alla moda non come un mondo da seguire ma come a un linguaggio visivo con cui giocare. Oggi è autrice e performer di Notturno264, progetto nato dal bando ERetici. Le strade dei teatri, e presto la vedremo in un film internazionale girato tra il Cile e la Sicilia. Parlarle significa entrare nel suo ritmo, fatto di sincerità, ironia e voglia di stare esattamente dove si sente viva.

Chi è Anita Pomario?
Una persona molto viva, a cui piace dormire 8 ore e mangiare sempre un frutto dopo i pasti. Che si diverte a disegnare e che apprezza molto la solitudine. 

Se potessi presentarti attraverso un’immagine, una sola, quale sarebbe?
Un quadro di Francis Bacon, che si chiama “Two Figures in a Room” per la moltitudine di mondi che vi ritrovo quando lo guardo. 

Quando lasci un set o un personaggio, cosa ti rimane addosso? Ti è mai successo di portarlo con te più a lungo del previsto come se facesse fatica ad andarsene?
Certo. Ciò che mi rimane addosso non è tanto il personaggio, ma la storia che vive attraverso di me. Credo molto che non ci sia una grande differenza fra l’attore e il personaggio, o almeno per me funziona così. Mi piace abitare i ruoli. Metto la mia persona a servizio di determinate storie, e dunque a volte rimane addosso quel vissuto, come quando vivi a lungo in una casa e sei costretto a lasciarla. Senti la mancanza delle abitudini che avevi sviluppato al suo interno, ti mancano le sue comodità e anche le scomodità e ci vuole sempre un pò di tempo perché ti senta a tuo agio in una casa nuova. 

Hai attraversato Noto, New York, Londra e Palermo: in quale città hai sentito di riconoscerti di più? E in quale ti sei sentita più straniera?
Mi sono sempre molto sentita a mio agio a New York, è una città che amo alla follia, anche se non credo che vorrei viverci adesso. Mi ha insegnato a essere libera, anche di non dover necessariamente essere me stessa, ma piuttosto di poter essere la versione di me stessa che preferivo di giorno in giorno. È l’unico posto in cui è possibile concedersi di non essere sempre in un modo senza dover dare spiegazioni. Lì ho dato sfogo alle mie multiple personalità! A volte mi capita di sentirmi straniera nella città in cui sono cresciuta, Ragusa. È una città a cui sono molto legata ma in cui stranamente non riesco mai a lasciarmi andare, a rilassarmi. Credo sia sempre difficile tornare. 

Ti è mai capitato di raccontare una scena solo con la presenza, senza dire nulla, e sentire che bastava?
Si, credo fortemente che il nostro lavoro sia fatto di reazioni, e quindi di atteggiamenti, più che di parole. A volte anzi, le parole descrivono l’esatto opposto di ciò che si vuole veramente, come nella vita d’altronde. I momenti più importanti partono sempre da un conflitto, è nostro dovere cercare i conflitti. Altrimenti non avrebbe senso fare questo mestiere. Almeno per me. 

Se potessi reinterpretare un’opera d’arte o una fotografia iconica, quale sceglieresti? E chi saresti in quella scena ?
Tendo a essere molto monotematica nelle cose, e piuttosto fissata. Quindi ti direi che mi piacerebbe reinterpretare “Two Figures in a Room” di Bacon, e vorrei essere tutto. La figura accasciata, quella a metà sdraiata, il fondale, e i colori. 

C’è stato un abito, sul set o nella vita, che ti ha fatto sentire più potente, più fragile o semplicemente più te stessa?
Non credo che ci sia un abito che abbia avuto una tale importanza nella mia vita, gli abiti hanno sempre rappresentato per me un divertimento e sopratutto un modo per esprimere la mia personalità, che appunto, è molto variegata. Il mio modo di vestire è cambiato tanto rispetto ai diversi periodi della mia vita e alle trasformazioni del mio corpo. Mi piacciono moltissimo le scarpe e adesso sono un pò fissata con gli abiti che scoprono le braccia, che trovo molto sensuali. Ma se c’è una cosa che ho sempre a portata di mano è una pinza o un elastico per i capelli. Io mi riconosco quando ho i capelli legati, mi sento molto più sicura di me stessa con il viso scoperto, paradossalmente lasciare i capelli sciolti mi rende molto più fragile. 

Che ruolo ha la moda nella tua vita quotidiana? Ti protegge, ti accompagna o ti contraddice?
Mi accompagna, mi diverte appunto. Non la seguo assiduamente, né ne sono distaccata. Ma, in un certo senso, è un mondo che va di pari passo con il mio. Mi considero una persona molto “visiva” e poi mi piacciono le cose belle, quindi ti direi una bugia se dicessi che non ci faccio caso.

Hai mai recitato qualcosa che non capivi fino in fondo? E che effetto ti ha fatto prestarti a quel mistero?
Credo sia molto difficile recitare qualcosa che non si capisce, per me la cosa fondamentale è comprendere un personaggio, è l’unica cosa che mi consente di interpretarlo. Capirne le motivazioni che lo spingono ad agire, ma non dal mio punto di vista. Può sembrare strano come discorso ma per me funziona, il mistero deriva dalle conseguenze che si realizzano quando comincio ad ascoltare e ad uscire al di fuori di ciò che io personalmente farei, quando smetto di giudicare e inizio a sorprendermi. Non prima. 

Se oggi non fossi un’attrice, ma un paesaggio, un colore o una stagione dell’anno… Cosa saresti? E perché?
Se non fossi un’attrice e quindi nemmeno una persona? Che tragedia! Amo essere un essere umano, con tutti i dolori che ciò comporta. Non lo so, non ci ho mai pensato a dirti la verità. Non credo vorrei essere un colore, mi sembra un’idea un pò claustrofobica. Forse mi piacerebbe essere il mare, perché riesco ad attribuirgli un carattere e un movimento continuo. Ma la sua infinità mi fa molta paura, allora ti dico che potrei essere un fiume.

Su cosa stai lavorando adesso? C’è un progetto in particolare che ti coinvolge e in cui ti vedremo presto?
Si, da qualche mese sto lavorando a due progetti molto importanti per me. A maggio ho vinto un bando per artisti under 28, ERetici. Le strade dei teatri, con il mio primo lavoro da autrice e performer: Notturno264. Un bando per artisti under 28 promosso dal Centro di Residenza Emilia-Romagna, composto da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino e La Corte Ospitale di Rubiera. Questi due centri mi hanno accolta con una generosità e un incoraggiamento straordinari e mi hanno dato la possibilità di sperimentare e portare avanti la mia idea con il supporto di artisti che per me sono sempre stati delle ispirazioni e con cui mi sono ritrovata a parlare del mio lavoro. Per me è stato il regalo più bello degli ultimi anni. Tengo molto a questo lavoro e spero che inizi a girare presto per l’Italia. In contemporanea ho iniziato le riprese di un film da co-protagonista con una produzione internazionale, girato tra il Cile e la Sicilia, una grandissima sfida per me, ma che mi ha fatto fare fare degli incontri artistici che porterò con me per lungo tempo.

Quale è stata la tua sliding door, ovvero il momento/il progetto che ti ha cambiato la vita?
Non credo alle sliding doors, e poche cose mi hanno cambiato la vita. Ho imparato il valore dell’attesa, ed è stato difficilissimo, visto che sono una persona piuttosto impaziente. Una volta pensavo che fare un film potesse cambiarti la vita, e per un periodo ci ho creduto. Poi la vita non cambia, o almeno, rimani sempre tu per fortuna, con le stesse fissazioni e gli stessi problemi. Adesso le mie aspettative sono rivolte ad altro, non voglio che la mia vita cambi. Aspetto di essere sempre più serena e in pace con quello che faccio. Di essere contenta, soddisfatta. Di sentirmi piena.

Se potessi mettere una sola parola in fondo a questa intervista, come firma, quale sarebbe?
Vento. Forse perché sto rispondendo dalla Romagna, sono le 18.16 e dal teatro soffia un vento perfetto. O forse perché si è parlato di paesaggi. In ogni caso, mi sembra una buona parola per descrivere un flusso di pensieri. 

Words: Lorenzo Salmone @salmonelorenzo

 

Talent: Anita Pomario @anitapomario
Photographer: Nicolò de March @nicolodemarch
Stylist: Giorgia Imbrenda @giorgia_imbrenda
Hair: Mariapia Saragnese @mariapia_saragnese
Make Up: Raffaella Fiore @raffaellafiore.artist using @lordandberry_official
Nails: Giada Gabriella Colelli @jadebeautyandnails
Digital Director: Giulia Pacella @giupac79
Digital Content Director: Nicola Pantano @nicolapantano_
Producer: Lorenzo Salmone @salmonelorenzo
Photographer assistant: Alessia Pittaccio @alessiapittaccio
Stylists assistant: Augusta Carter, Carlotta Campus, Lucia Moscato, Clara Giaquinto @augustacarter_ @carlottacampus @lucemoscato @_claragiaquinto
Agency Talent: MPunto Comunicazione @mpunto_comunicazione