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Kyoto, An Offbeat Guide

Vicolo di Kyoto
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Vicolo di Kyoto

Nessun vociare, nessun frastuono, solo passi che echeggiano tra le strade strette e le case antiche. Il campanello di una bici ogni tanto, il fruscio del vento tra gli alberi. L’aria è leggera, quasi eterea, gli odori sottili, i colori tenui, a tratti desaturati. Kyoto non si insinua prepotentemente nelle aspettative del turista, si fa conoscere piano. Non assale con la sua presenza, lascia lo spazio e il tempo. Frammenti di meraviglia da cercare, senza fretta, e da custodire.

La “Capitale della pace e della tranquillità”: un significato etimologico profondo, nel nome di Kyoto, che si rifa ai tempi in cui per oltre un millennio è stata la capitale dell’impero.

Camminando tra le sue strade, ci si sente privilegiati, testimoni di una bellezza non subito accessibile e che non chiede di essere compresa a tutti i costi, ma solo vissuta. Templi che affiorano tra palazzi moderni, giardini nascosti e silenziosi, che in base alla stagione si tingeranno di molteplici tinte e sfumature. C’è una bellezza che si respira all’alba, quando le sue strade ordinate, che dividono la città come una scacchiera, sono ancora avvolte nel silenzio. Sono le sette del mattino e solo qualche abitante del quartiere passeggia col cane, lontano dai percorsi turistici più battuti, dove quasi certamente troveresti i souvenir per quella parte di famiglia che non sai mai come accontentare. È in quell’ora che Kyoto ti accoglie, senza filtri.

Kyoto, nell’immaginario comune – e soprattutto recentemente sul web – è spesso rappresentata come una città presa d’assalto dai turisti, al punto che sembra quasi necessario svegliarsi all’alba per non finire in stradine bloccate da ingorghi umani. E invece basta allontanarsi dalle vie più affollate e lasciarsi guidare da scorci nascosti e da dettagli che difficilmente noteresti seguendo un itinerario “social”.

C’è una Kyoto che non finisce nei post più condivisi. Una città fatta di piccole insegne e botteghe, profumi che escono da porte socchiuse, voci discrete. È quella parte di città che si incontra solo camminando, piano, con l’idea di perdersi. A Kyoto tutto arriva lentamente. È una città che non invade, ma aspetta. Si insinua nei gesti quotidiani, nei silenzi, nei dettagli che all’inizio sembrano invisibili. Entra sotto pelle quando credi di non aver visto nulla. La sua presenza si fa chiara, in una strana quiete, quando sei lontano.

Guida a Kyoto: ramen e izakaya 

Sugari 

Un bancone in legno, pochi posti che guardano i fornelli, il fumo che viene dai fuochi, un ramen delizioso. Sugari è uno di quei luoghi dove il tempo si ferma.

Mugyu Vol. 2

Dentro, un’aria da cucina di casa. Fuoco, vapore, mani veloci. I pochi sgabelli disponibili sono al bancone: un posto in prima fila per goderti le preparazioni dei ramne. Il locale è molto sobrio, una stanza piccolina, più lunga che larga dove si respira tutta la tradizione.

Bingo 

Piccolo, caldo, pieno di voci e risate basse. Bingo è uno di quegli izakaya dove si entra quasi per caso e poi non si vuole più uscire. Piatti condivisi, sake che gira tra i bicchieri e un’atmosfera amichevole. Il menu è scritto a mano, il pesce è fresco, e l’umore generale è quello giusto.

To 

Minimal, elegante ma senza pose. To è una versione contemporanea dei classici izakaya, dove ogni piatto è curato, i dettagli sono pensati e il sake è scelto con amore. La luce è morbida, il servizio gentile.

Guida a Kyoto: caffè

Slo  

Appena aperta la porta, si sente profumo di burro e calma. Slo è un forno che sembra una casa. I croissant sono fragranti, i panini eleganti, e ogni cosa è fatta con un’attenzione semplice e sincera.

Clamp Coffee Sarasa 

Una tazzina curata, una stanza di luce e molte piante appese. Clamp è un angolo di quiete nel quotidiano, dove il caffè viene trattato come un gesto di gentilezza e se hai la fortuna di sederti al bancone, ti verrà preparato davanti agli occhi, con la calma e la cura ad ogni passaggio. Niente fronzoli, ma ti ricroderà che ogni tanto puoi prendere tempo per apprezzare le cose.

Kurs

A un incrocio, Kurs sforna pane e dolci che profumano tutta la strada. È un forno, ma anche un luogo dove fermarsi e scegliere con cura. Vietato fare foto, perchè ogni cosa qui è fatta per essere goduta piano. Croissant sfogliati alla perfezione, pagnotte che raccontano fermentazioni lente, biscotti ruvidi e genuini.

Guida a Kyoto: drink

Good Morning Record Bar 

Di giorno forse non lo noteresti, di sera ne saresti attratto. Vinili ovunque, alle pareti, come decorazioni, o come sottobicchieri. È uno di quei posti che si raccontano da soli, tra il girare di un disco e una bottiglia bevuta con calma. Uno di quei bar dove il tempo passa senza accorgersene.

Tarel 

Piccolo, quasi nascosto, ma tutto è scelto con cura: vini naturali, piatti vibranti, atmosfera da salotto giapponese con un tocco nordico. Un posto per chi cerca sapori veri, conversazioni lente e luci basse.

Guida a Kyoto: gallerie (e non solo)

Hosoo Gallery

Da Hosoo, lo spazio dedicato all’arte è un’estensione naturale del tessuto. Mostre curate, luci leggere, materia che respira. È uno di quei luoghi che ti insegna a rallentare e guardare meglio.

Sandwich

Non è solo una galleria. È un progetto, un cantiere, un’officina d’idee. Fondato dall’artista Kohei Nawa, Sandwich mescola architettura, arte, paesaggio. Si racconta una sinfonia urbana.

Asahiyaki Gallery

A pochi passi dalla città, la ceramica diventa racconto. Ogni pezzo parla di mani, di terra, di fuoco. È un posto dove anche il silenzio ha una forma.

Garden of Fine Arts

Un museo che non ha pareti, anzi, non ha soffitti. L’architetto Tadao Ando qui ha preferito lasciare il cemento nudo, esposto al vento, alla pioggia, al passare del tempo. E così, uguale, le opere, riproduzioni di capolavori della storia dell’arte su lastre di ceramica 

Kyoto Botanical Garden

Qui il tempo sembra essersi messo comodo, proprio nel mezzo della città. I vialetti sono stretti e un po’ disordinati, come se le piante avessero deciso da sole dove crescere e le targhette, un po’ sbiadite, portano nomi che quasi sicuramente non sai tradurre. Nessuno parla ad alta voce, neanche i bambini. Si cammina piano, si osservano infinite specie di piante, ci si ferma, per un bisogno quasi fisiologico.

Project: Sofia Spini e Giorgia Calia @sofispini @giorgiaacaliaa
Words: Giorgia Calia @giorgiaacaliaa
Digital Director: Giulia Pacella @giupac79