BEAUTY

Mapping

Abbiamo intervistato Carlotta Pantano, permanent make up artist, per saperne di più sul mapping.

In cosa consiste questa tecnica e quando si ricorre a questo trattamento? 

Il mapping è uno dei passaggi del trattamento di trucco permanente di dermopigmentazione, un metodo di mappatura del viso utilizzato per applicare i prodotti in modo strategico, tenendo conto della forma del viso e dei punti di luce e ombra naturali. Si utilizza per definire e armonizzare i volumi, migliorandone la simmetria e valorizzando i lineamenti. È uno step che non deve assolutamente essere trascurato, deve essere realizzato con estrema precisione a seconda della tecnica che si andrà a realizzare. 

 

Quali sono le aree del viso in cui si può ricorrere alla tecnica del mapping? 

Tendenzialmente sopracciglia, labbra e occhi. Riguardo alle sopracciglia, ad esempio, è necessario riportare equilibrio su eventuali asimmetrie e, attraverso delle tecniche “al negativo”, si utilizzano dei fili bianchi, delle linee e dei righelli per cercare di armonizzare delle differenze che possono mostrare le proprie sopracciglia. E per farlo si parte non solo dalle sopracciglia stesse, ma anche dal volto. Sappiamo che siamo composti da due metà diverse e, quindi, sappiamo che c’è un occhio più aperto dell’altro, una metà più schiacciata o più arrotondata dell’altra e in questo il mapping è fondamentale. C’è chi salta questo passaggio e le conseguenze le ritrovi nel lavoro finale, perché, al contrario di una sopracciglia al naturale, in cui non si notano grandi differenze, quando si va ad applicare il colore le differenze diventando esponenziali. Nel caso dell’eyeliner la tecnica del mapping è ancora più importante, in quanto l’eyliner ha bisogno di una costruzione che vada ad allungare l’occhio. Sulle labbra stesso discorso, dobbiamo stare molto attenti a isolare le zone da non pigmentare perché, altrimenti, creiamo quei gravi errori che si commettevano negli anni ’80, ovvero di ingrandire le labbra con un effetto “rossetto sbavato”. 

Si può ritenere fondamentale il mapping tanto nel trucco permanente quanto nel make-up? 

Assolutamente sì. Se nel trucco permanente il mapping è fondamentale per andare a creare una tecnica semipermanente, nel make-up tradizionale può aiutare altrettanto moltissimo. Naturalmente bisogna considerare, però, che ci sono delle piccole eccezioni, perché nel make-up posso andare a creare un overline di labbra o posso ricreare un eyeliner alla Amy Winehouse, mentre nel semipermanente questo effetto non si può riprodurre in quanto vengono utilizzati degli aghi, viene trasferito il pigmento sottopelle e ci sono delle zone che non possono essere toccate altrimenti si rischia di creare delle migrazioni. Quindi tra make-up tradizionale e trucco permanente ci sono delle similitudini, ma anche delle sostanziali differenze. 

Riguardo al trucco permanente però c’è ancora un po’ di timore da parte delle persone. Molti hanno la paura di non ottenere il risultato desiderato, ovvero poco naturale, e di non avere la possibilità di tornare indietro. 

È vero, ma la normativa è fortunatamente cambiata, grazie ad una serie di regolamentazioni he risalgono al 2006 e 2008. Ancora più restrittive sono quelle del 2020/2021. La Commissione Europea ha imposto delle regole ai produttori per cui i pigmenti devono bio-riassorbirsi, il corpo deve espellerli per via linfatica e tramite turnover cellulare. Quindi il pigmento utilizzato deve essere necessariamente, e nettamente, differente dall’inchiostro usato per i body tattoo, che hanno delle caratteristiche di persistenza infinita. 

Quanto dura, dunque, questo trattamento e come si svolge?

Il trattamento si svolge in due sedute. La seconda deve essere effettuata dopo un mese ed entro massimo due mesi dalla prima. Successivamente è richiesto il ritocco che tendenzialmente avviene una volta all’anno/anno e mezzo. Naturalmente, se non si lasciano trascorrere più di 12-15-18 mesi, ci si può permettere una sola seduta di ritocco ritrovando quindi il proprio trattamento ex-novo. Se, invece, si aspetta che il pigmento scarichi del tutto, quel che rimane è solo un effetto di ombreggiatura. Non è magari il caso dell’eyeliner, perché è realizzato su base nera, ma nel caso delle sopracciglia, ad esempio, che rappresentano una zona in cui la pelle ha un turnover veloce, il trucco permanente tende a schiarirsi fino a sparire e, come dicevo, resta solamente solo una sorta di ombreggiatura. 

E lo studio dei colori dei pigmenti da utilizzare, in base alla carnagione della persona e alla zona trattata, che ruolo ha?

Fondamentale. C’è un grande studio e una grande consapevolezza riguardo ai colori che si vanno ad utilizzare, perché chimicamente sono diversi. Lo spiego dettagliatamente nel mio libro intitolato La Scienza dei Colori, un volume che sto perfezionando e che uscirà presto. È un supporto alle mie masterclass, ma non solo, perché può essere consultato anche da chi è interessato semplicemente alla materia. Questo libro offre delle conoscenze per comprendere quanto studio ci sia dietro la colorimetria, non solo nella scelta iniziale del pigmento, ma anche nelle neutralizzazioni. Lavoriamo sempre con la pelle, quindi bisogna sapere come gestire questi colori. E poi, oltre alla colometria c’è la pigmentologia, che è la chimica che sta dentro ai colori e che aiuta a sapere cosa stai utilizzando. Questo volume a cui sto lavorando, quindi, vuole offrire un’istruzione, attraverso due strumenti: un testo e delle tavole che aiutano a comprendere di quali pigmenti si è in possesso, che cosa contengono e come usarli. 

Qual è la richiesta più gettonata? 

Le sopracciglia sono sicuramente al primo posto, sia per le donne sia per gli uomini. Per una questione estetica, ma a volte anche per una necessità effettiva relativa a malattie patologiche, come può essere quella della alopecia. Nel mio caso ricevo in generale molte richieste intorno a tutto quello che riguarda gli occhi. Una volta sistemate le sopracciglia la persona vuole anche accentuare lo sguardo, quindi si procede con l’eyeliner. Anche le labbra sono molto richieste. Un altro settore da considerare, poi, è quello della dermopigmentazione paramedicale, in cui includiamo ricostruzione di aureola e capezzolo in seguito ad operazioni, tricopigmentazione come necessità di infoltimento o effetto rasatura e copertura di cicatrici. In quest’ultimo caso le cicatrici creano una depigmentazione e attraverso dei pigmenti color pelle andiamo ad uniformare il colore della cicatrice con il resto dell’incarnato. Così come la vitiligine, altra problematica che può essere trattata con la dermopigmentazione. 

C’è un forte interesse nella dermopigmentazione in questi ultimi anni da parte degli uomini. In particolare sta spopolando il trucco agli occhi.

Sì, c’è una grande richiesta e molti brand stanno producendo dei pigmenti apposta. Le sopracciglia anche in questo caso, come dicevo prima, sono al primo posto, ma sta riscuotendo un grande successo anche il trattamento infracigliare, un effetto di ombreggiatura che rimane all’interno delle ciglia e dona un effetto delicato allo sguardo enfatizzandolo al tempo stesso. 

Quanto il trucco permanente risolve la gestione quotidiana del make-up? 

Ti svegli al mattino e sei già in ordine. Io amo la dermopigmentazione con un effetto naturale, non mi piace l’effetto eccessivo e vistoso, perché secondo me ti devi guardare allo specchio la mattina e non vedere troppo rossetto sulle labbra o le sopracciglia troppo marcate, altrimenti ci si stufa. Ripeto sempre che il permanent make up non deve sostituire il make up quando ci si prepara per uscire, a meno che non si è abituati a look fresh e nude, perché a quel punto basta il trucco permanente. Il trucco permanente è molto utile quando non si ha voglia di truccarsi ma si desidera uscire comunque ordinate, così come quando si va in piscina, in sauna, nel bagno turco, in palestra. In questi casi sottolinea i lineamenti e ti permette di non avere mai un viso sbattuto. Se devi realizzare un trucco più tecnico il permanent make up naturalmente non basta. 

Ci sono strumenti o tecniche particolari che utilizzi per tracciare queste linee guida?
C’è una competenza tecnica per riconoscere quella che è la progettazione: è un vero e proprio disegno preparatorio. In realtà il nostro maestro è stato Leonardo, che attraverso l’uomo vitruviano ha dato le regole della proporzione del viso e quindi noi rispettiamo quelle regole che rimangono sempre estremamente valide. Arriva tutto dae le regolamentazioni di oggi servono per scongiurare il timore, a volte non infondato, dell’effetto tatuaggio che si usava anni fa. Molte volte le clienti non hanno le competenze per scegliere a chi rivolgersi e sanno quello che non vogliono. Non vogliono sopracciglia grosse o troppo nere.

Quando ci sccorge di essere di fronte a un trattamento di dermopigmentazione ben fatto?

Io dico sempre che la dermopigmentazione fatta bene deve esserci ma non si deve vedere. Il bello è proprio quello, non riuscire a comprendere chi ha eseguito un trattamento di dermopigmentazione, per quanto naturale e fatto bene. Ti accorgi quando sopracciglia o labbra non sono belle, quando inizi a vedere sopracciglia grafiche allora c’è da preoccuparsi. La dermopigmentazione non la noti proprio perché la sua caratteristica distintiva deve essere la naturalezza. Uno dei cavilli da dermopigmentisti incalliti è l’iperrealismo delle sopracciglia, è uno dei nostri focus per creare l’effetto naturale del pelo tridimensionale, gestito in una certa maniera. Quindi arrivare a dire che non sono tatuate è il nostro obiettivo. 

Cosa è importante dire a chi vuole avvicinarsi a un trattamento di dermopigmentazione?

Se nelle sopracciglia la scelta dei colori è opera del professionista, quella delle labbra è una scelta dal cliente, con una consapevolezza: tutti i trattamenti di dermopigmentazione, appena realizzati, sono più vistosi e intensi, perché viene colorata anche la superficie dell’epidermide. Il nostro lavoro, però, non è una traccia epidermica altrimenti in trenta giorni di turnover cellulare il pigmento scaricherebbe e non si vedrebbe più nulla. Il nostro pigmento viene inserito nella zona derma papillare, non profondo come quello del tatuaggio artistico, e in questa barriera dermoepidermica il pigmento resta intatto nonostante il turnover cellulare. Non deve essere troppo profonda altrimenti il colore tenderebbe a diventare grigio, ma neanche troppo superficiale perché andrebbe via. Pelli spesse e grasse vanno a compromettere questo raggiungimento, le pelli sottili e mature, invece, trattengono meglio i colori. Insomma, sono moltissime le variabili da tenere in considerazione.

 

Words: Valentina Uzzo @valentinauzzo_

Photographer: Fabrizio Scarpa @fabrizioscarpa
Editor in chief: Andrea Bettoni @_andreabettoni
Beauty Editor and Make up: Anna Maria Negri  @annamarianegri @wmmanagement using @mesaudabeauty
Permanent Make up artist: Carlotta Pantano @carlotta.pantano
Hair: Francesco Avolio @francoisavolio@wmmanagement
Producer: Lorenzo Salmone @salmonelorenzo
Model: Marie Berger @marielouis_berger @indipendent_mgmt
Casting Director: Michele Bisceglia @michelebisceglia_