Ciao Federico, ti va di presentarti e di raccontarci qualcosa di te?
Ciao, mi chiamo Federico Baroni, ho trent’anni, sono romagnolo (di Rimini, precisamente) e nella vita faccio musica oltre ad avere una grande passione per i viaggi, le sneakers e lo streetwear. Nasco come artista di strada nel 2014, ho iniziato a portare la mia musica in giro per l’Italia con chitarra e voce. Poi, dal 2018, sono entrato nel mondo discografico con il mio primo disco “Non pensarci” e sono arrivato a firmare il mio primo contratto discografico con Warner, con cui ho pubblicato “BLACKOUT”.

La tua storia è diversa da quella di molti altri musicisti, i tuoi inizi sono “per strada”, cosa significa essere un busker e che cosa ti ha insegnato quell’esperienza?
Busker è il termine inglese che identifica la figura dell’artista di strada. Suonare in strada è una delle esperienze più belle che un artista possa fare. Per me, è stata una palestra incredibile che mi ha fatto crescere e mi ha messo davanti a situazioni di ogni tipo. Sono stato uno dei primi a portare la musica di strada in Italia, partendo da via del Corso nel 2014, fino all’ultimo live a inizio 2024. Suonare per strada ti insegna ad improvvisare, a leggere le emozioni negli occhi degli altri e imparare a cavalcarle con la musica, tra un mix di istinto ed esperienza che live dopo live ti arricchisce sempre di più. Il modo più vero, semplice e diretto che un artista ha per farsi conoscere e condividere la propria musica senza alcuna barriera o pregiudizio. Per me è stato uno dei periodi più belli della mia vita.

Parliamo di “BLACKOUT ”, il tuo nuovo album, di che cosa parla? Quali sono i principali temi che affronti? “BLACKOUT” è un album che rappresenta un punto di ripartenza, un percorso di quattro anni che avevo bisogno di chiudere come un cerchio, per completare un ciclo di vita e artistico che ora sento di voler superare per propormi con nuova musica. Il tema principale per me è sempre stato l’amore, in tutte le sue forme: per una donna, per la famiglia, per un amico e il più delle volte per la musica. Molti dei brani contenuti nel disco sembrano rivolti ad una persona, ma in realtà parlo della musica e del rapporto di amore e odio che ho con lei, proprio come una donna. C’è tanto della mia vita in brani come “Chilometri”, dedica al mio amico Michele Merlo, nel quale parlo della mia esperienza come artista di strada proprio come fosse un viaggio e di tutti i sacrifici che un artista deve fare per poter vivere solo di musica. C’è anche tanta spensieratezza e voglia di libertà in brani come “Jackpot” o “Fino a tardi”, un mood più cinematografico su brani come “Blackout” o “Psycho Love”, dove le immagini sono molto più astratte e riprendono quella sonorità anni ’80 che caratterizza il sound del disco. È un progetto vario di cui sono molto fiero e che descrive a pieno la versatilità del mio progetto e della mia scrittura.

E dei due inediti cosa puoi dirci presenti nell’album?
“Blackout” e “Psycho Love” sono strettamente collegati. Sono i due brani più R&B del disco con quella tipica sonorità anni Ottanta alla The Weeknd, Charlie Puth e Dua Lipa, che ha ispirato gran parte del disco, interamente prodotto da Riccardo Scirè. Entrambi brani d’amore, costruiti su delle top line dall’impronta e dal sound molto americano, con passaggi da voce bassa, falsetto a tonalità molto alte, nelle quali ho cercato di raccontarmi anche con le sfumature della mia voce. Verranno presentati a breve in una speciale versione live che farà parte di una deluxe version del disco.

Da un punto di vista musicale, cosa c’è di nuovo in questo album?
Una scrittura più matura, un sound coerente che collega l’intero album, la presenza di più autori sulla scrittura dei brani che mi ha aperto mentalmente all’utilizzo di un nuovo linguaggio e di nuove tematiche, un’enorme versatilità rispetto al primo disco.

Con un vissuto come il tuo da busker, quanto conta la dimensione live per te? Che cosa ha in programma per “Blackout”?
Il live è tutto per me! È l’unico vero modo attraverso cui si può conoscere davvero un artista e capire se vale. Non puoi fingere o nasconderti dietro ad uno schermo, sei nudo davanti al pubblico e la tua voce e le tue emozioni sono l’unico modo che hai per arrivare davvero al cuore delle persone. Dopo il lockdown, è inutile negare che la dimensione live si sia persa tantissimo e si faccia sempre più fatica a suonare, soprattutto in band, portando gli artisti ad esibirsi su palchi su base e a volte addirittura in playback. “Blackout” è anche un modo per comunicare la voglia di non cambiare questa realtà è tornare a portare la mia musica dal vivo, riassestando tutto e dando una nuova veste a brani che ho scritto quattro anni fa e che sentivo ormai superati. Da questa voglia di tornare live, ho affidato il sound del progetto dal vivo al gruppo jazz/funk strumentale Planet Butter, insieme al quale ho deciso di riarrangiare alcuni brani che usciranno in una speciale Live Session e daranno il via al nuovo sound del disco live.

Cosa pensi della scena musicale italiana attuale?
Penso che le etichette discografiche, soprattutto le grandi major, debbano dare più voce agli artisti emergenti e non spingere solo gli artisti già affermati o i fenomeni virali su TikTok. Spero che il live sia davvero la risposta per tornare a condividere e fare la musica nel modo giusto. Io, nel mio piccolo, mi impegnerò con questo nuovo progetto live per dire la mia è tornare a mettere in primo piano la musica

Tu che musica ascolti?
Un po’ di tutto, per lo più musica internazionale: Andersoon Paak, Kid Laroy, Daniel Caesar, Domenic Fike, Justin, Bruno Mars, Chris Brown, The weeknd… questi sono alcuni dei nomi preferiti. Per quanto riguarda gli artisti italiani, mi piace molto la scrittura e il vocabolario di molti rapper come Tedua, Rkomi e Guè e ammiro moltissimo il lavoro di questi ultimi anni di Irama, che al momento rimane il mio artista italiano preferito. Estremamente versatile, umile e puro.

Un artista con cui ti piacerebbe poter collaborare?
Collaborare con Rkomi, Irama, Jovanotti o Roy Paci sarebbe un sogno che si avvera. Ognuno di questi artisti rappresenta qualcosa di unico per me. Rkomi, con la sua scrittura incisiva e la sua capacità di raccontare storie con autenticità e passione, mi ispira profondamente. Mi affascina il modo in cui riesce a combinare il rap con elementi di altri generi musicali, creando un sound innovativo e sempre fresco. Irama, d’altra parte, è un artista che ammiro per la sua versatilità e la sua evoluzione costante. La sua capacità di spaziare tra diversi stili musicali e di affrontare tematiche profonde con una sensibilità rara lo rende un modello di riferimento per me. Jovanotti è un’icona della musica italiana. La sua energia, il suo carisma e la sua capacità di coinvolgere il pubblico sono incredibili. Lavorare con lui sarebbe un’opportunità unica per assorbire tutta quella positività e imparare come trasmettere emozioni in modo così diretto e contagioso. Infine, Roy Paci è un maestro nel suo genere. La sua musica travolgente e la sua abilità di fondere jazz, funk e ritmi latini creano un mix esplosivo. Collaborare con lui mi permetterebbe di esplorare nuove sonorità e di sperimentare con arrangiamenti musicali che potrebbero arricchire ulteriormente il mio percorso artistico.

Sogni nel cassetto?
Uno dei miei più grandi sogni nel cassetto è arrivare a riempire un forum con un live tutto mio. Immagino un’esperienza coinvolgente e memorabile, dove ogni dettaglio, dalla scenografia alle luci, sia pensato per creare un viaggio emozionale per il pubblico. Un concerto in cui ogni nota, ogni parola e ogni movimento sul palco siano il culmine di anni di lavoro, passione e dedizione alla musica. Vorrei che questo live non fosse solo uno spettacolo, ma un’esperienza indimenticabile, capace di toccare il cuore delle persone e lasciare un segno. Un momento di connessione autentica che unisca musica, ballo, moda, grafica e arte a 360°. Arrivare a questo traguardo significherebbe dimostrare a me stesso e agli altri che, con impegno e passione, i sogni possono davvero diventare realtà. Sarebbe una testimonianza del fatto che la musica ha il potere di unire, ispirare e trasformare e che ogni singolo passo del mio percorso, dalla strada ai primi piccoli localini, è stato fondamentale per raggiungere quel momento magico.