Che cosa si intende oggi con l’espressione new media art? Quali possono essere i risultati ottenuti applicando la conoscenza tecnologica odierna al processo creativo di un’artista? Soffermandosi e riflettendo sulla condizione contemporanea in cui viviamo, è evidente come la tecnologia nel corso degli anni sia divenuta via via sempre più facilmente raggiungibile da un numero sempre più ampio di individui. Diventa perciò fondamentale soffermarsi sul significato etimologico del termine new media art – il quale negli anni ha assunto una connotazione sempre più specifica – e con cui recentemente si tende ad indicare l’insieme di quelle opere che vengono realizzate secondo lo studio e l’utilizzo di strumenti digitali, a partire dagli Settanta in poi. Oggi è facilmente riscontrabile una partecipazione sempre più attiva della dimensione digitale che si avvicina ed in certi casi si sovrappone a quella analogica, fornendo così un terreno fertile alle ricerche di quegli artisti che intendono sviscerarne le più ampie possibilità.
Attraverso la propria pratica artistica ed in particolare il progetto DOKU Experience Center – mostra personale, a cura di Britta Farber che prende forma nelle sale espositive del MUDEC di Milano – LuYang, vincitrice del premio Deutsche Bank Artist of the Year, introduce il pubblico ad una corrente di pensiero plasmata dalle nuove tecnologie, esplorando le diverse possibilità di coesistenza tra il mondo spirituale, quello fisico e quello digitale. Un universo espressivo, filtrato secondo i connotati della sottocultura otaku (videogiochi, anime e manga giapponesi), mette in discussione concetti come quello di identità culturale, corpo e genere. Attraverso innovazione e allo stesso tempo tradizione e spiritualità, l’artista pone quesiti sul significato della vita e della morte, sul concetto di reincarnazione e sulla relazione che sussiste tra dimensione corporea e quella digitale. Creando frenetici mondi virtuali dove a prevalere sono le tonalità al neon e un’inesauribile colonna sonora ad alti bpm, LuYang trova un punto di contatto tra la cultura consumistica mondiale e un aspetto più antico, spirituale, proprio della tradizione buddista. Le identità sono fluide, in continuo divenire, non più ancorate a nozioni come il corpo e il tempo cronologico. Cyborg e avatar come DOKU – reincarnazione virtuale dell’artista di genere neutro – svolgono il ruolo di veri e propri contenitori in cui l’artista infonde lo spirito, le esperienze personali e le influenze della cultura popolare.
In occasione di DOKU Experience Center, LuYang presenta una selezione di opere inedite e recenti – tra cui DOKU The Self (2022) – con cui mette in scena i sei avatar creati secondo l’incarnazione dei diversi aspetti dell’identità dell’artista stessa. Ispirati ai sei regni del Samsara – ruota karmica della vita secondo la filosofia buddista – i protagonisti vivono in paesaggi virtuali che ricordano i mondi esperienziali dei videogiochi, costituendo così un dialogo continuo con la tradizione e l’innovazione, con il ciclo di nascita, morte e rinascita. Secondo quello che si presenta come una sorta di processo meditativo visivo, DOKU vive e muore in ciascuno di questi mondi illusori incarnando l’adesione al pensiero dualistico del sé che contrappone l’io e il tu, il bene e il male, il naturale e l’artificiale. Le opere – caratterizzate da tratti dinamici ed euforici – nascono dalla ricerca in laboratori di neuroscienze e riflettono il dinamismo dell’attuale momento storico ed economico cinese, sempre più teso alla globalizzazione e all’apparente progresso. Il nucleo dell’esposizione ruota attorno al concetto di autodistruzione dell’esistenza reale dell’artista, una sorta di pratica di auto trascendenza che riflette sul concetto di materia e di vita.