“La neve arriva in città, dalle montagne della Scozia”, si leggeva nel 1985 su alcuni giornali, i cosiddetti pinkpapers inglesi, che riportavano le foto dei reali inglesi intenti in sciate e brevi soggiorni tra le innevate montagne scozzesi. E ancora una volta protagonista era l’abito, anche se spoglio di onori ed onorificenze, ma comune, quotidiano, da ricreare anche in città, lì dove, in una rossastra Londra decorata a festa, si cominciava ad indossare la tuta da sci come dailywear. Dietro quei look biancastri si nascondeva di più: una tendenza che riportò “la neve in città”, con il mountain look urbano. Piumini multiprint, maglioni dalle tinte calde in pura lana, tute foderate in neoprene bianco ottico, occhiali sportivi con lenti uv, tutte parti indispensabili per la montagna e adesso in città, in una reinterpretazione dello snow look che giunge fino a noi, innevando gli show della FW 23, da Bottega Veneta a Etro, tra long coat e snowboot.

Lo skiwear fu ideato in Italia negli anni ’40, dalla creatività di un giovane aristocratico amante dello sci, Emilio Pucci di Barsento, ed è da sempre il codice estetico di un ben preciso costume sociale.

Il primo contatto tra abito e sci avviene nel 1947, quando il giovane Pucci, in vacanza a Zermatt, ideò il primo modello di ski-look per se e la compagna. La fotografa americana Toni Frissell, in vacanza nelle stessa località sciistica rimase amaliata dalla coppia, che spiccava tra i completi sportivi tutti uguali degli altri sciatori. Di nascosto, realizzò un servizio fotografico ai due e poi lo spedì alla redazione di Harper’s Bazaar. Il resto è storia. L’ascesa del creativo, il suo brand e la sua passione per lo sci lo decretarono “il designer della neve”, anche se i suoi ski-look erano tutt’altro che bianchi: verde, rosa, viola, un tocco di nero e lo ski-wear non fu più lo stesso. Qualche anno dopo la grande consacrazione a St.Moritz, nel 1958, quando la giornalista Emilia Vart disse che “la neve ora non era più bianca, ma a macchie e stampe”, nel 1969, l’ormai noto innovatore Pucci brevettò un tessuto dall’innovativa resistenza. Il suo nome era Emilioform ed era ottenuto dall’unione di nylon e shantung, una seconda pelle, così pratico che poi venne usato anche per la produzione di giacche e gonne. Da allora, icone come Audrey Hepburn, Jackie O, Lana Turner scelsero la tuta in Emilioform per sciare. Anche il cinema di quegli anni dimostrò una passione per il modello di tutta ideato da Pucci, rendendolo co-protagonista in pellicole come “Sciarada” del 1963.

Ma è negli anni ’80 che la neve comincia a scendere in città, tra le strade di New York, Londra e Parigi, quando lo snowboot  divenne uno stivale da tutti i giorni. E subito dopo anche la tuta da sci giunse in città, indossata con top e maglie corte, per mostrare una sportività che rendeva ogni look degno di un agonista dello sci. Ora lo skiwear urbano è cresciuto e maturato, inserendosi nel guardaroba quotidiano come macro tendenza e con l’aggiunta di alcuni filoni come negli anni 2000 per lo swim-snow-look (che consiste nell’indossare i pantaloni ampi da sci con il bikini).

Le ultime collezioni FW 23 continuano sulla stessa strada, ma riavvicinandosi alla tradizione del modello originario. E che c’è all’origine di uno snow-look se non il pantalone spesso ed ampio e la maglia aderente? Khaite lo aggiorna, innovandone i materiali: panta-fur verde scuro e maglia velata in cotone tecnico. Al contrario, Max Mara rimane fedele alla forma ed al tessuto dell’abito da neve, mostrando come tre tinte di brown possano convivere tra loro, creando un contrasto, seppur immaginario, con il bianco della neve. Etro sceglie la tradizione, con mantella scozzese a quadri su abito rosa in maglia, per restituire al corpo tutto il calore necessario per un rigido dicembre. E sempre di knitwear tratta Bottega Veneta, che ricopre tutto il corpo femminile di spessa lana lavorata: dallo stivale con calza incorporata al knit-dress, per chi la neve la identifica come desiderio di calore.

Una tendenza pratica e dal grande valore storico, che incorpora la sportività delle origini con l’estetica contemporanea. Un’altro caso di abito storicizzante che ritrae il passato in uno scenario futuristico. E così, se anche la neve cittadina è una rarità, nulla impedisce allo snow-look di innevare l’immaginazione.