“A volte i libri riflettono cose della vita, a volte la vita si riflette nei libri.
Tre libri alla volta, un filo rosso che li unisce. Leggere, guardare, emozionarsi”

 

Spesso utilizziamo la parola “dubbio” con un’accezione negativa, come quella cosa che si oppone alla fiducia, alla certezza, alla sicurezza. Dubitare di una relazione è qualcosa che fa soffrire. Dubitare di aver fatto una buona scelta, quante volte capita nella vita. Dubitare della sincerità, dell’onestà di qualcuno, della sua lealtà nei nostri confronti. Troppo spesso non cogliamo la portata rivoluzionaria contenuta nel profondo dell’atto di dubitare: l’innovazione, la scoperta si generano quando il dubbio incarna la convinzione che una certa idea delle cose possa essere diversa. Il dubbio che si insinua nella consuetudine, nel consolidato, nel già noto, nell’assenza di critica è la base dell’uscita dal paradigma. Uscire dal paradigma significa scoprire, inventare, scorgere l’inedito e proporre una nuova visone del mondo, delle cose, della realtà e del futuro. Dubitare significa aprire possibilità. Divergere, uscire dalla consuetudine, porre domande diverse, laterali e cercare risposte nuove. Significa aprire la mente e lo sguardo alla sorpresa, alla meraviglia. Il dubbio è l’opportunità di scoprire qualcosa capace di mostrarci la vita come ancora non l’abbiamo immaginata.

 

 

Shirakawa Fukutaro, vedovo ricchissimo in cerca di una compagna, decide di sposare la bella Onizuka Kumako senza sapere che la donna è stata una entraineuse nei locali di Tokyo, decisamente spregiudicata e con amicizie nella malavita. Il loro matrimonio dura pochissimo, perché una sera di pioggia, rientrando a casa, la macchina della coppia finisce in mare nei pressi del porto e Fukutaro muore annegato. Kumako inspiegabilmente si salva e diventa ricca grazie all’assicurazione sulla vita stipulata dal marito a suo favore poco tempo prima. La stampa e l’opinione pubblica si scagliano contro Kumako, insinuando prima e sostenendo poi che la donna abbia architettato l’omicidio del marito con un piano diabolico e scellerato. Kumaro dal carcere urla a gran voce la propria innocenza confidando che il suo avvocato difensore possa far luce sull’accaduto e portare a galla la verità. La stampa è contro di lei, il moralismo qualunquista è contro di lei; prima ancora che dal processo, la condanna arriva dall’opinione pubblica che non può tollerare l’idea dell’innocenza di una donna senza scrupoli, arrivista, immorale. Ma il dubbio si insinua nelle pieghe dell’indagine e le crepe nella ricostruzione approssimativa dei fatti comincia a far franare la sovrapposizione tra la scarsa moralità della donna e la sua colpevolezza. Scivolare nel pregiudizio può essere più pericoloso che indugiare rimestando nel torbido. Laddove la morale non tollera sconti, la verità può diventare pericolosa e svelare l’ipocrisia di una società  meschina con il volto deforme, ma imbellettato a festa. Il pericolo della certezza pregiudiziale.

“Il dubbio” di Matsumoto Seichō, ed. Adelphi

 

 

Per chi è nato dopo che Einstein ha formulato la teoria della relatività, questa teoria è la base su cui poggia tutta la scienza contemporanea. La si dà per acquisita, qualcosa che fa parte della cultura scientifica del nostro tempo, una specie di postulato che a pochi verrebbe in mente di mettere in discussione. Ma prima che Einstein scrivesse la più famosa equazione della storia, il pensiero scientifico guardava l’universo in un altro modo: e quella era la realtà, data una volta per tutte. Un libro illustrato che permette ai ragazzi di entrare nella mente di Einstein e a partire dalle conoscenze in suo possesso in quel momento storico, seguirne i ragionamenti, le riflessioni, le suggestioni e le intuizioni che lo hanno portato alla svolta scientifica forse più importante di cui il mondo abbia memoria. Un viaggio in una mente che ha riposto nel dubbio della relatività la più grande fiducia e speranza. Il dubbio postulato dell’innovazione.

“Albert Einstein – La teoria della relatività” di Carl Wilkinson, illustrazioni di James Weston Lewis, ed. Editoriale Scienza

 

 

Questo non è un romanzo; questa storia non è frutto dell’immaginazione di uno scrittore. Questa è la storia vera di un medico ungherese che lavorava come assistente professore alla clinica ostetrica dell’Ospedale generale di Vienna nella seconda metà dell’800; un ospedale pubblico di eccellenza medico-scientifica, nel quale però accadeva che nel reparto delle puerpere gestito dai medici, le donne morivano di febbre puerperale con incidenze decisamente maggiori rispetto a tutti gli altri ospedali. Il fatto strano era conosciuto in città e le donne non volevano andarvi a partorire, nemmeno le prostitute ci si volevano avvicinare, preferendo piuttosto partorire in strada. Semmelweis cominciò ad osservare e studiare come lavoravano i medici del reparto e si rese conto che i medici che intervenivano durante i parti erano gli stessi che dissezionavano i cadaveri in un reparto contiguo e che passando da un posto all’altro non si lavavano mai le mani. Comprese che forse c’era una connessione tra le due cose e chiese  ai medici che dissezionavano i cadaveri, di lavarsi le mani prima di entrare nel reparto in cui curavano le puerpere. Con questa semplice procedura , il numero dei decessi delle donne diminuiva, tornando ai tassi di mortalità del medesimo reparto gestito solo da infermiere e ostetriche. Semmelweis aveva scoperto una correlazione tra due eventi che avrebbe potuto essere la chiave di volta per evitare la morte di tante donne, era il 1858. Ma nessuno all’epoca riteneva possibile che qualcosa che non si vedeva potesse essere causa di morte; i medici si offendevano alla richiesta di lavarsi le mani, come se gli si stesse dicendo che non curavano abbastanza la propria igiene – un’offesa alla categoria! – e come poteva essere che lavando qualcosa che non si vede ci fossero delle conseguenze di qualche tipo? Inascoltato, deriso, messo ai margini, andò in depressione e morì internato in manicomio. Nel 1880 Louis Pasteur dimostrerà in modo inequivocabile che sono alcuni germi a provocare la febbre puerperale. Troppo tardi per Semmelweis. La sua scoperta lo aveva superato e affossato. Il suo genio e la sua vita restano a monito per tutti nel campo scientifico e medico. Il dubbio della morte, l’ipocrisia della certezza.