“A volte i libri riflettono cose della vita, a volte la vita si riflette nei libri.
Tre libri alla volta, un filo rosso che li unisce. Leggere, guardare, emozionarsi”

 

A volte penso alla consapevolezza come ad una vecchia saggia signora che sa tantissime cose, che ha sempre una parola per tutti, un consiglio da dare, che ha vissuto intensamente e che può insegnare qualcosa. A volte penso alla consapevolezza come ad un sasso nella scarpa che non riesco a togliere nemmeno impegnandomi con tutte le mie forze, un sasso che si insinua sotto il calcagno e che mi fa inciampare in continuazione distraendomi dal cammino. Più spesso ne ho timore. Una volta che si è consapevoli di qualcosa non si può ignorarlo, far finta di niente a andare a bersi una birra. Quando si è consapevoli, bisogna in qualche modo tenerne conto. Tener conto di quello che significa, delle conseguenze che la consapevolezza di qualcosa comporta. Nell’agire quotidiano, nella relazione con gli altri, per noi stessi e per quello che pensiamo di noi e della nostra vita. Per chi vive intuitivamente la consapevolezza è un macigno che si pianta davanti e che obbliga a fermarsi e a chiedersi: scavalco, aggiro, torno indietro? Mi siedo qui e aspetto che magicamente si scansi? Non si scansa mai, talvolta nemmeno nei sogni di notte. La consapevolezza è come la fatina del ghiaccio che con un gesto congela e cristallizza; rende evidente, trasparente, inevitabile. Consapevolezza è una strada che ognuno di noi a modo suo, per come può, per come riesce, percorre nella vita con la speranza che possa essere d’aiuto. Che possa essere lucidità, pensiero concreto, visione, chiarezza. Che possa sostenere le scelte difficili, i momenti di amarezza, le cadute in ginocchio di fronte al macigno, che possa essere una di quelle vocine interiori che ci permette di dire: mi centro, vado avanti, ce la posso fare.

 

Melanie è  una ragazza appassionata di reality, ma l’unica sua partecipazione ad uno di essi si rivela disastrosa. Cresce con un unico obiettivo: diventare famosa. Dieci anni dopo, Melanie è un’ imprenditrice affermata di un social di successo, Happy Recrè. Happy Recrè è un canale interamente dedicato alla vita dei suoi figli Sam e Kim di 8 e 6 anni. Ogni momento della loro giornata è filmato e postato da Melanie: i fan impazziscono, i follower sono milioni. Melanie ce l’ha fatta, ha coronato il suo sogno, grazie alla sua famiglia perfetta e ai suoi meravigliosi bambini. Un giorno la figlia Kim, giocando a nascondino in giardino, scompare. Rapimento? Fuga? Melanie impazzisce di dolore e la sua vita sembra sgretolarsi giorno dopo giorno, ma i suoi fan la sostengono e la motivano a non arrendersi. Che cosa è successo realmente? Kim era diventata triste, non amava più essere ripresa dalla mamma, sfuggiva alla telecamera. Sam cercava di coinvolgerla e di rimediare a quell’umore fosco e inquieto della sorella. Melanie non può credere che Kim volesse sottrarsi a quella splendida vita che li aveva resi famosi, amati, ricchi, sulla cresta dell’onda. L’onda li travolge tutti, fino ad un epilogo sconcertante. Tranquilli, i follower non abbandoneranno mai Melanie. Ma a parte se stessa – forse – che cosa rimarrà di Melanie?

“Tutto per i bambini” di Delphine De Vigan, ed. Einaudi

 

La cura, la cura di sé, delle proprie paure ed angosce, dell’esistenza, del mondo è un percorso di cui si vede l’inizio, ma spesso non si immagina la fine. È un processo di consapevolezza che mette nudi davanti allo specchio a contare le ferite, i lividi, le cicatrici rimarginate e quelle che ancora prudono quando cambia il tempo. È un sentiero impervio, a volte solitario, a volte con qualche compagno di viaggio che cammina accanto. A volte è rotolare inesorabilmente da un colle di rovi da cui ci si può rialzare solo dopo aver strappato magliette e qualche brandello di pelle o di carne. La cura comincia sempre dopo il dolore, ma può esserne un desiderato e impensato epilogo. È qualcosa che si fa dentro e fuori di sé, che fa contare i giorni difficili e conservare quelli belli dentro la scatola dei desideri e dei sogni. “… A volte poi c’entra con il tagliare via pezzi di te, con precisione, in una potatura faticosa, per poter far crescere i frutti nella prossima estate”.

“La cura. Storia di tutti i miei tagli” di Icaro Tuttle, ed. Becco Giallo

 

Che cosa fa realmente uno stylist? E come lo fa? Come si può diventare stylist di professione? Un libro che a partire dalla storia e dagli esordi dello styling permette a ciascuno di entrare nell’universo dei significati di un lavoro che oggi è diventato tra i più affermati nel campo della moda. Gli abiti raccontano le storie dei cambiamenti, della contemporaneità, delle avanguardie culturali, ma lo stesso abito, la stessa t-shirt possono assumere significati diversi a partire da chi li indossa, da come li indossa e dal contesto in cui vengono presentati. È lo stylist che apre le porte all’immaginazione perché sa cogliere aspetti laddove altri non arrivano, portando lo sguardo verso concetti e modi di analizzare il mondo a cui altri non sanno giungere. Un lavoro che sapientemente connette bellezza con immaginazione, personalità e gusto, attitudine e competenza. Ognuno di noi può diventare stylist di se stesso, raccontando storie che non hanno bisogno di parole, ma che sanno rappresentare quello che vorremmo di noi stessi portare  nel mondo. Significa uscire dallo stereotipo di arti “alte e basse” per  imparare a cogliere da un’opera artistica, un film, un libro, quel dettaglio o quell’immagine che incontra nel profondo la nostra personalità trasformandola  nel modo di presentarci nel mondo, ogni giorno.

“L’arte dello styling. Come raccontarsi attraverso i vestiti” di Susanna Ausoni, Antonio Mancinelli, ed.  Vallardi A.