“A volte i libri riflettono cose della vita, a volte la vita si riflette nei libri.
Tre libri alla volta, un filo rosso che li unisce. Leggere, guardare, emozionarsi”
Esistono persone che vivono situazioni ancora prima che quelle situazioni abbiano un nome. Prima ancora che esistano i concetti che definiscono quelle situazioni. Prima che esistano le idee di quei concetti e le parole per esprimerli. Queste persone vedono, scrivono, dipingono, inventano cose che altri non potrebbero mai immaginare. Cose che altri non afferrano con la ragione né con l’intuizione. E poi ci sono persone che esplorano mondi inediti. Quelli degli stati dell’Io che ancora non hanno un nome. Perché nessuno sa ancora come definirli. Perché ancora non si sono inventate le parole. Perché ancora non sono comportamenti ritenuti socialmente accettabili o perché non stanno dentro un paradigma culturale definito e condiviso dai più. Perché rompono il paradigma in modo fastidioso, facendo scaturire pensieri divergenti. Pensieri che generano sentimenti timorosi, che risuonano spaventosi. Pensieri che scoprono parti dell’Io che si tengono nascoste in fondo in fondo in fondo… Questi sono pionieri, i pionieri dell’anima. Che aprono la strada ad altri come loro che sentono le stesse cose ma non le sanno nominare; a volte nemmeno sanno di essere a loro volta quelle sensazioni. Sono pionieri che non possono stare nel paradigma, ne verrebbero soffocati, tradirebbero la loro natura. Perirebbero. Stanno nel mondo, talvolta dispersi. Talvolta disperati. Inconsapevoli di essere pionieri o consapevoli e rassegnati o consapevoli e determinati. Osannati o perseguitati. Senza di loro, il mondo sarebbe fermo alle pietre e ai roghi. Senza possibilità di futuro.
Iniziano gli anni ’70. Nunzio e Antonio, ventenni, si amano in segreto. Vivono in Calabria e anche se gli anni ’70 sono iniziati questo amore non è accettabile per la famiglia di Nunzio. È una vergogna di amore. Punito di botte dal padre e dai fratelli, Nunzio viene mandato a Londra senza poter fare più ritorno a casa. La madre piange anni dopo sulla tomba del suo figlio prediletto; porta con sé la nipote Annina che non conosce la storia di questo zio misterioso che sembra sparito nel nulla a Londra, senza lasciare tracce dietro di sé. Percepisce un senso strano di mistero e una certa affinità che non sa definire. Parte per Londra alla ricerca dello zio, per trovare quel filo che la unisce a lui. Due esistenze che vivono in uno spazio e in un tempo che non li accetta né li comprende. Li rifiuta, perché esistenze fiere, coraggiose, genuine e orgogliose. Capaci di camminare a testa alta anche dopo le bastonate e le offese, dopo le umiliazioni, anche dopo essere state calpestate e gettate via. Inconsapevoli che il loro esistere obbliga chi li circonda a spogliarsi dell’ipocrisia polverosa che protegge i mediocri e i vili. Pionieri della vita.
“Il figlio prediletto” di Angela Nanetti, ed. Neri Pozza
Claudette Colvin, quindicenne nera che vive in Alabama negli anni ’50. È lei la prima ragazza che sull’autobus non cede il posto ad un uomo bianco – in vigore le leggi di segregazione razziale. È lei che per prima viene arrestata e per questo motivo condannata. Ma ha solo 15 anni e poco dopo rimane incinta di un uomo sposato. Come potrebbe rappresentare una comunità nera che rivendica dei diritti? È una donna, quindi, conta di meno. Non è rispettabile, conta ancora di meno. E suo figlio ha gli occhi azzurri. Claudette avrebbe voluto diventare un avvocato. Avrebbe voluto difendere le persone dalle disuguaglianze e dalle iniquità. Sarà un’infermiera, finalmente in una città che nulla saprà di lei, crescendo suo figlio da sola. Una storia che racconta una donna fiera e consapevole che non ha mai rinunciato alla propria coerenza. Anche quando nel nome dei diritti la sua stessa gente ha deciso di nasconderla, lasciando il palco a chi poteva rappresentare la comunità nera con una patina di rispettabilità. Pioniera dei diritti.
“Nera. La vita dimenticata di Claudette Colvin” di Émilie Plateau, ed. Einaudi Ragazzi
In che modo una docente di Urbanistica del Politecnico di Milano può dare un contributo originale al dibattito sulle città del futuro? Elena Granata pone al centro della sua riflessione la capacità che alcune persone, professionisti di campi diversi, hanno di uscire dal proprio ambito del sapere e fare incursioni in discipline e ambienti che li possano aiutare a perfezionare un’idea innovativa, una soluzione divergente, una strategia inedita. Persone che sanno uscire dai paradigmi del noto per sfruttare al meglio l’esplorazione dell’ignoto e dell’ignoranza, quando l’ignoranza è poter entrare in luoghi con uno sguardo diverso, obliquo e porre le domande che non ci si aspetta. Persone che sanno coniugare immaginazione e concretezza, creatività e benessere, comportamenti umani e spazi che li abitano. Sono i placemaker, capaci soprattutto di costruire connessioni tra spazi, mentali e concreti, tra persone, professioni, immaginari e universi simbolici. Capaci di vedere le città immerse nelle persone che le significano quotidianamente. Sullo sfondo la Milano di ieri, di oggi, di forse un giorno. Pionieri di futuro.
“Placemaker. Gli inventori dei luoghi che abiteremo” di Elena Granata, ed. Passaggi Einaudi