Dopo il  Musée du Luxembourg di Parigi, la mostra “Vivian Maier. Inedita” arriva a Torino, ospitata ai Musei Reali, Sale Chiablese, fino al 26 giugno 2022.

Oltre 250 immagini, molte delle quali mai viste prima o poco conosciute, come quelle a colori, e alcuni filmati in formato Super 8, ripercorrono la carriera di Vivien Maier, (New York 1926 – Chicago 2009), fotografa americana considerata tra le prime e più importanti esponenti della street photography, grazie anche a oggetti che le sono appartenuti, come le sue macchine fotografiche Rolleiflex e Leica e due audio originali con la sua voce.

“Vivian Maier è una fotografa amatoriale che cercava nella fotografia uno spazio di libertà; benché il suo lavoro sia passato inosservato per tutto il corso della sua vita, si ritrova nella storia della fotografia a fianco dei più grandi maestri”, afferma la curatrice Anne Morin.

 

L’esposizione mette in luce una parte dell’opera della Maier ancora poco nota – come suggerisce il titolo stesso “Inedita” – tra cui la serie realizzata durante il viaggio in Italia tra Torino e Genova nell’estate del 1959.

La Maier, fotografa per vocazione, non esce mai di casa senza la macchina fotografica al collo e scatta compulsivamente, accumulando una quantità di rullini così numerosa da non riuscire a svilupparli tutti. A causa delle ristrettezze economiche, i suoi negativi finiscono all’asta per un mancato pagamento all’azienda in cui li aveva immagazzinati e parte del materiale viene acquistato nel 2007 da John Maloof, un agente immobiliare, che ne rimane folgorato e inizia a cercare i suoi lavori, riuscendo a dar vita a un archivio di oltre 120mila negativi.

“La mostra propone una parte dell’opera ancora sconosciuta di Vivian Maier, universalmente apprezzata dopo il ritrovamento dei suoi archivi nel 2007, e indaga le origini della sua poetica, legata soprattutto alla sua tipica e ormai iconica osservazione street, un tema chiave oggi frequentato e condiviso anche tramite i social media da fotografi di diversa cultura ed estrazione. La strada come attualità e contemporaneità e, accanto, l’itinerario privato di una donna alla ricerca della sua identità“, spiega Enrica Pagella, direttrice dei Musei Reali di Torino.

Il percorso espositivo si apre con la serie degli autoritratti e prosegue con la sezione dedicata alle strade di New York e Chicago. Vivian Maier predilige i quartieri proletari delle città in cui ha vissuto. Instancabile, cammina e intanto immortala scene che assomigliano ad aneddoti a coincidenze, sviste della realtà, a cui nessuno sembra prestare attenzione, lì dove l’ordinario diventa straordinario. I volti che ritrae sono spesso di persone che vivono ai margini e raccontano di miseria e povertà. Colti frontalmente, a questi ritratti fanno da contraltare quelli delle signore dell’alta borghesia, spesso offese dal palesarsi improvviso della fotografa. Quello che interessa moltissimo alla Maier sono i gesti, soprattutto le pose delle mani, che tradiscono un pensiero, un’intenzione.

“Quando scatta le sue foto in questo tessuto urbano, proprio al centro del grande frastuono del mondo, Maier privilegia gli istanti residuali della vita sociale cui nessuno presta attenzione. Fotografa il disotto, l’accanto, ‘quello che generalmente non si nota, quello che non si osserva, quello che non ha importanza: quello che succede quando non succede nulla, se non lo scorrere del tempo, delle persone, delle auto e delle nuvole’. La città è il suo teatro e la strada una storia al cui interno cammina cancellando i suoi passi. È lì che perpetuamente si gioca e si rigioca tutto, tutto viene fatto e disfatto senza sosta, in questo spazio retorico dell’equivoco e dell’alterità, in questo intervallo in cui la realtà, travolta dall’apparenza, assume le sembianze del reale e le presenze ordinarie esibiscono uno splendore soprannaturale”, scrive Anne Morin nel catalogo Skira edito in occasione della mostra.

Nel frattempo, il cinema sta prendendo piede e Vivien Maier ne resta affascinata, se ne lascia influenzare, creando delle vere e proprie sequenze cinetiche di immagini e passando poi anche alla Super 8 con cui gira dei filmati. Infine, nel sunto della sua opera non può mancare una sezione dedicata all’infanzia. Bambinaia e governante per quasi quarant’anni, era in un certo senso in grado anche lei di vedere il mondo con gli stessi occhi dei bambini, documentandone le emozioni, le espressioni, le smorfie e gli sguardi, i giochi e la fantasia.