“A volte i libri riflettono cose della vita, a volte la vita si riflette nei libri.
Tre libri alla volta, un filo rosso che li unisce. Leggere, guardare, emozionarsi”.

 

Santi, morti, streghe, zucche e gatti neri.

La vita risorge, la vita finisce, le magie sollevano il desiderio di infinito.

Ognuno forse ha bisogno di pensare che la vita sia qualcosa di più o di meglio di una serie di giorni più o meno sensati, densi, deserti. Che qualcosa di grande ci accompagni ed elevi l’esistenza in un luogo più bello e desiderabile. E che lo faccia qui, ora, dove ci troviamo la mattina bevendo un caffè o in metropolitana andando al lavoro.

E forse ci piace pensare che la finitezza dei nostri corpi non ci rimbalzi addosso di continuo facendoci sprofondare nel declino un giorno alla volta, tutti i giorni.

Desideriamo che quello che sentiamo nelle emozioni forti possa in qualche modo restituirci una grandezza dentro la scatola del nostro mondo, talvolta piccolo come una confezione di cioccolatini di Natale.

Dentro di noi o fuori che sia, oggi come dopodomani, corriamo o ci trasciniamo verso un desiderio, qualcosa che non abbiamo, ma che vorremmo stringere forte tra le dita, possedere, sentire, sperare.

È tutto qui. Nella quiete dell’alba, nei colori spiazzanti dell’autunno, in un calice di vino accanto alla finestra, nello sguardo di chi amiamo.

Guardiamo meglio, respiriamo piano, viviamo intenso.

 

 

Una delle autrici più originali e spiazzanti che abbia letto negli ultimi anni. Una scrittura cinematografica, capace di entrare nel cervello come nelle emozioni senza chiedere mai il permesso, ma sempre il conto. Le sue storie sono senza speranza, come senza speranza sono le donne che popolano i suoi libri. Donne che non si arrendono mai e che fieramente vanno incontro al loro destino. Donne che vivono fino in fondo anche quel dolore che penetra nelle ossa. Che creano mondi immaginifici per sopravvivere. Che attraversano lucide follie sapendo di avere il baratro come unico compagno di viaggio. E sono streghe, orgogliose e magnifiche. Che fanno sogni magici e lasciano dietro di sé tracce indelebili, solchi di delirio. Per sempre, per tutti. Da leggere. Ma non di notte.

“Sul lato selvaggio” di Tiffany McDaniel, ed. Atlantide

 

 

Portarsi appresso un corpo rotto, dentro e fuori, come fosse un inno alla vita. Donare al mondo una sofferenza trasfigurata in arte ed emozioni uniche. Amare tanto, troppo e forse obliquo. Oscillare tra appartenenza e possesso, tra mortificazione ed esaltazione alla ricerca di un senso. Frida raccontata in immagini illustrate, nella cultura misterica messicana, in un viaggio che sembra un andirivieni tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Colori che abbagliano, catturano e feriscono lo sguardo, tenendo incollati alle pagine gli occhi di chi cerca di scovare il mistero di una vita tanto raccontata e tanto fraintesa, misitificata. “Ricordati di splendere”, dice qualcuno. Lei, malgrado tutto, ha saputo farlo.

“Frida” di Sébastien Perez , Benjamin Lacombe, ed. Rizzoli 

 

 

Non tutte le streghe sono uguali; ce n’è qualcuna che anziché la scopa utilizza un monociclo per provare a volare nella notte. Maldestra nel volo, cacciata dalle amiche, sta nel buio della radura. Sola. Come riprendere il viaggio? Le stelle indicano la strada, ma il cielo è distante e cupo. Chi può aiutare la strega? Non un umano, che morrebbe di paura. Uno spaventapasseri, forse. Streghe e spaventapasseri: creature che spaventano, ma si riconoscono nella notte. Creature sole, scontate, a tratti brutte. Ma che sanno amarsi, nella luce della luna. Qualche filo di paglia, una sciarpa sbrindellata, un tocco di magia. Una nuova scopa fatta con amore. La notte attende, la strega riprende il viaggio.

“La strega e lo spaventapasseri” di Gabriel Pacheco, ed. Logos Edizioni