Sono ispirate alle insegne californiane dipinte a mano le stampe che Gran Levy-Lucero ha disegnato per la nuova capsule collection by Acne Studios. L’artista, con base a Los Angeles, collabora ancora una volta con la fashion house svedese, dando vita a una speciale collezione di capi in tweed e morbido cotone biologico e a una serie di accessori che riportano slogan come “Enjoy Acne Studios” o “Fresh Pop Culture”.

I pezzi ricordano i vecchi sacchi per contenere la farina, un gusto rétro che si può assaporare anche nelle tinte scolorite e nelle stampe volutamente rovinate.

La collezione si compone di un paio di pantaloni svasati, un vestito a tunica oversize, una felpa con cappuccio e una senza e una T-shirt, oltre a sciarpe in cotone e seta, berretti in lana, calze, un portachiavi, un portafogli e borse di canvas. Il tessuto in jersey di felpa utilizzato proviene da cotone coltivato in modo biologico e la lana è certificata RWS.

 

Disponibile in tutti i punti vendita Acne Studios e su acnestudios.com

 

3 DOMANDE A GRAN-LEVY LUCERO 

Qual è l’ispirazione alla base di questa seconda collaborazione con Acne Studios?
Qui a Los Angeles e sulla costa ovest, c’è questa grande tradizione delle insegne dipinte a mano. Nel quartiere dove lavoro, l’intera strada è costeggiata da particolarissime insegne dipinte a mano. Io li chiamo “dipinti primo”: primo significa cugino in spagnolo, perché di solito capita che il proprietario di un negozio dica: “Ho bisogno di un’insegna” e uno dei suoi conoscenti risponda: “Mio cugino dipinge insegne”. E così ne viene fuori una sorta di insegna abusiva, in cui il tizio fa del proprio meglio per dipingere qualcosa tipo un bicchiere per bibite o un detergente per vetri. Con le immagini di questa collezione, nella tradizione delle insegne dipinte a mano californiane, ho voluto mandare un messaggio positivo, qualcosa a cui tengo molto.

Perché pensi che l’iconografia americana delle insegne sia così universalmente attraente?
Principalmente per un paio di fattori. Credo che il colore giochi una grossa parte. Una cosa su cui ho riflettuto molto è l’esperimento che si fa quando prendiamo i colori e sottraiamo la forma o le scritte e vediamo fino a dove la mente riesce a riconoscere quello che l’insegna sta pubblicizzando. Se lo riduci e vedi i colori in un ordine particolare, c’è qualcosa di super familiare e automaticamente ti fa pensare a quel qualcosa. Anche se non consumi quei prodotti e non li usi, la tua mente è consapevole del gusto che hanno, del loro odore o della loro consistenza ad esempio. È qualcosa di subconscio.

• Cosa pensi di questa opportunità di giocare con il branding Acne Studios?
Mi piace pensare che, in qualche modo, sto apportando qualcosa ad Acne Studios e sono davvero orgoglioso di poter aggiungere una sorta di cultura pop al marchio. Sono sempre stato un grande fan del brand, ben prima che iniziassimo a collaborare. Il mio studio era proprio di fianco al punto vendita di dowtown Los Angeles, quando lavoravo a maglia per creare costumi, abbigliamento e altre cose, andavo sempre in negozio e osservavo la costruzione di ogni capo in vendita. Tutti mi conoscevano, perché entravo e guardavo tra le cose esposte, compravo qualcosa, ma osservavo sempre la costruzione dei pezzi.