Innovazione, responsabilità sociale e trasparenza sono i nuovi parametri presi in considerazione da una clientela sempre più informata e attenta alla sostenibilità del proprio guardaroba.

Il mondo sta cambiando- è innegabile – e i brand che si approcciano – completamente o in parte – a una moda green sono sempre di più. La sostenibilità continua, infatti, a giocare un ruolo fondamentale e prioritario nelle nostre scelte di acquisto, soprattutto tra le nuove generazioni.

Per i marchi affermati del fashion system – spesso criticati per il poco impegno verso il nostro Pianeta – virare verso un approccio più sostenibile sembra la scelta più giusta e strategica, ma non è facile acquistare credibilità e fiducia nel mondo della sostenibilità. Per questo motivo si inizia a sentir parlare di programmi di trasparenza che consentono di misurare l’impatto ambientale dei materiali e di informare il cliente sulla loro impronta sostenibile.

THEMOIRè

H&M, ad esempio, è tra i primi ad aver applicato uno di questi nuovi strumenti su alcuni dei suoi capi: Higg Index Sustainability Profile, sviluppato da Sustainable Apparel Coalition, è un tool di misurazione per i settori tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, che condivide informazioni e dati sull’impatto ambientale dei materiali del prodotto in questione. Questi neo-programmi di trasparenza attualmente comprendono solo alcuni dati importanti nella sfera della sostenibilità, ma continueranno ad essere sviluppati per garantire sempre più informazioni. Tra le proposte future di Index Sustainability Profile troveremo presto, ad esempio, l’impronta ambientale e sociale delle fabbriche.

Partendo dalle richieste dei consumatori che ad oggi prediligono quei marchi che si adoperano per prima cosa per il benessere dei dipendenti, per la trasparenza della filiera e per consumi ridotti di acqua ed energia nella produzione, qualcosa nell’industria del fashion si è mosso e sta continuando a crescere.

Secondo la ricerca “The Future of Retail Store and Customer Engagement in the New Normal”, condotta dagli studenti diSda Bocconi e promossa da Salesforce, anche la dicitura a cui eravamo tanto affezionati del “Made in” sta perdendo valore. Infatti, nonostante il Paese di origine di un prodotto resti un fattore di scelta significativo, tra i consumatori al di sotto dei quarant’anni l’attenzione si sposta verso la trasparenza e la tracciabilità della filiera, con una costante crescita del second-hand.

Quella della moda è un’industria che vanta di essere sempre al passo con i tempi e in campo di sostenibilità non vuole essere da meno. I grandi brand, dall’alta moda al fast fashion, si stanno muovendo. Calzedonia e Wwf Italia hanno lanciato #missionespiaggepulite, una collaborazione con lo scopo di ripulire almeno un milione e mezzo di metri quadrati di spiagge italiane dalla plastica e dai rifiuti abbandonati e dispersi. Patagonia propone un abbigliamento tecnico sostenibile, utilizzando materiali ecosostenibili come il cotone organico, il nylon proveniente da fibre di scarti post-industriali, il poliestere riciclato, la lana ricavata da allevamenti di pecore dove è garantito il benessere degli animali e i filati raccolti in aziende tessili. Stella McCartney, da sempre schierata a favore dell’ambiente, sostiene Greenpeace, presentando per la P/E 2021 la capsule collection Stella x Greenpeace, per fermare la deforestazione dell’Amazzonia, con prodotti realizzati in morbido cotone biologico certificato e coltivato senza l’uso di sostanze chimiche nocive, pesticidi e fertilizzanti. Hermès si approccia a uno sviluppo sostenibile, adottando misure per proteggere la catena di approvvigionamento dai rischi posti dal cambiamento climatico. Mentre, Zalando lancia un programma di second-hand, che invita i clienti a mettere in vendita i propri capi sul sito a fronte di crediti da spendere in occasione dei loro futuri acquisti.

Stella McCartney x Greenpeace

E i brand emergenti non sono da meno, presentandosi fin dall’inizio sul mercato con l’obiettivo di creare un nuovo settore dell’industria che pone la sostenibilità al centro della sua ricerca.

Glynit, marchio emergente vegano, che si mostra aperto e trasparente riguardo al proprio impegno per la sostenibilità e la responsabilità sociale, limita il più possibile la sua impronta ambientale, selezionando attentamente materiali vegani ed ecologici e impegnandosi ad integrare nuovi processi per mitigare il proprio impatto sull’ambiente stagione dopo stagione. THEMOIRè, progetto con l’obiettivo di creare un marchio con il minor impatto ambientale possibile, etico ed eco-friendly, dona una percentuale del suo profitto ad organizzazioni che si impegnano per il cambiamento climatico. Leeann Huang è invece una designer specializzata in tessuti innovativi e tecniche artigianali, che punta su ecologia e sostenibilità. La sua ultima collezione è realizzata interamente con plastica riciclata.

Tra l’impegno verso una produzione ecologica e materiali più green da parte delle grandi aziende e la nascita di nuovi marchi a basso impatto ambientale, la scelta per un consumo più sostenibile esiste. È chiaro che per evitare catastrofici cambiamenti ambientali questo non sarà sufficiente, ma altrettanto è vero che concentrarsi anche su piccoli gesti aiuta a diventare la versione più responsabile di noi stessi.