Era un capo di culto negli anni ’90, un segno di ribellione negli anni ’50 e un simbolo di appartenenza a una classe sociale negli anni ’30: l’esile modello della classica canotta bianca ha percorso i decenni in un continuo passo a due con il pubblico, suo grande ammiratore, ma anche acerrimo nemico. Un avanti e indietro dalle quinte al palcoscenico sociale, dove la “per sempre” giovane protagonista smanicata continua a vivere.

Eppure, quest’anno più che mai, si è impossessata di tutta la scena e sembra non voler cedere spazio a niente e nessuno. Ritornata vincitrice da una perenne battaglia storica con il “buon costume”, abita collezioni e si apre ad accezioni sempre nuove, dimostrando che non esiste una classificazione unica per un capo definito erroneamente basico, perché nel suo essere semplice c’è il segno suo successo: la capacità di accedere ad ogni ambiente, semplicemente reinventandosi.

Così, nelle collezioni F/W 22-23, la canotta bianca diventa sportswear per Diesel, tecnica e quasi minimalista per la nuova direzione creativa di Matthieu Blazy da Bottega Veneta e preziosa, quasi un secondo corpo, per Prada.

Il tank top total white o al massimo logato lentamente abbandona l’esclusiva presenza relegata al guardaroba maschile ed entra, tutt’altro che in sordina, in quello femminile off-duty, mostrandosi in una veste più leggera, alla portata di tutti. Nicola Brognano da Blumarine ricorda la canotta come quel capo votato all’utilità, cioè legato a quell’immaginario di pura praticità maschile, dove su un denim scuro, sotto una camicia a righe, funzionava sempre, ed il risultato era la millesima riconferma della sua iconicità.

Ma non è solo il simbolo di diverse annate (60s, 90s, 00s), che come il vino più invecchia più piace, ma anche un manifesto di inclusività, grazie al quale ora è più facile leggerla singolarmente, senza essere vista come un attributo, un rafforzativo di un look. Ne è dimostrazione di questo la scena pubblica delle celebrity che si impadroniscono della canotta portandola in ogni dove, dalle venue hollywoodiane ai vicoli newyorkesi e l’how to wear it è un appuntamento fisso tra le pagine dei quotidiani. Le sole regole riguardano le proporzioni e le stratificazioni, e su questo l’ultimo show di Prada mostra come possa accordarsi a gonne ricamate a contrasto per poi essere indossata sotto a un abito velato.

Quello stesso top della F/W 22-23 lo si rivede, più precisamente lo si intravede, a Cannes portato da Julia Ducournau sotto un abito ampio nero, a dimostrazione che non esiste un’età per indossarlo, per poi apparire con la più giovane delle D’Amelio che rimane fedele al look dello show, cioè l’infallibile combinazione top-gonna, ma, non basta, anche una giovane Iris Law (la figlia di Jude Law e Sadie Frost) la sceglie reinventandola in un’accezione lingerie, in occasione delle più recenti prime cinematografiche. Per l’uomo, dopo aver visto la canotta entrare in collezioni come Hermès e Louis Vuitton, è Chris Evans a coglierne il fascino e da diverse apparizioni sembra non volerci rinunciare più, sotto ad un completo nero, con quel richiamo ad un James Dean attuale.

Allontanandosi dal bagliore delle occasioni serali, una Bella Hadid più pratica la indossa con il denim low waist e un cappotto sceso nella quotidianità e, come lei, anche Caro Daur, Elsa Hosk e Manu Rios, che tra i sostenitori maschili è forse il più attivo, usando la canotta sotto al blazer doppio petto o alla maxi maglia a coste.

E se canotta bianca e denim fa subito 90s, allora Dua Lipa, nuova ambasciatrice del tank top, ricrea il look di quegli anni, apportando qualche aggiornamento, come il trench oversize lavorato e gli stivali patch in coordinato (tutto Diesel), per ricordare quanto la moda si serva della storia per innovarsi, senza perdersi in quella macchina temporale che è l’abito.

E se la canotta sembra non scomparire più sotto lo spessore di maglie e giacche, allora il segreto si rivela nel mostrarla, come congiunzione tra sportswear e loungewear, in un binomio apparentemente improvvisato, ma al contrario con una precisa costruzione. Così, il look alla James Dean rinasce a più di cinquant’anni di distanza, consolidandosi in un immaginario dall’immediata lettura, come un movie visto e rivisto, che di sicuro rivedremo ancora.