Dalle pareti gialle di un albergo disabitato allo scricchiolio del mogano di una residenza tardo seicentesca, l’immaginario surreale del cinema di Kubrick guida il suo pubblico in un percorso discendente alla scoperta di sé. Non esistono personaggi, ma solo persone che interpretano un Io inventato che si mostra dietro movimenti allungati, poche parole e riprese alternate. L’andamento è quello di un balletto classico: adagio, armonioso eppure meccanico nella sua struttura. Stanley Kubrick è un abile macchinista di una commedia capace di superare lo schermo ed invadere lo sguardo dello spettatore che, per un momento e forse più, capisce di essere il soggetto di quella sceneggiatura. Ma l’equilibrio che permette la plausibilità dell’idillio è l’involucro, la cornice, cioè l’abito della storia che è come un’uniforme cucita addosso. Da questo legame nasce la memoria cinematografica di tutte le pellicole che negli anni hanno impresso il nome Kubrick sulle mura di cinema e teatri, ma anche su ricerche e, successivamente, su abiti di collezioni che ne ricordano l’estro creativo proprio grazie ad una riproduzione (a volte fedelissima) di alcuni protagonisti delle sue opere più note.

Dall’ignoto di “Shining” all’impassibile emotività di “Arancia Meccanica”, la moda negli ultimi anni è ricorsa ad un linguaggio cinematografico alla Kubrick per mostrarsi e, da Miu Miu a Gucci, i brand si spostano nel backstage delle grandi produzioni del regista americano per presentare collezioni sceniche. Il risultato che si ottiene è l’incontro del surrealismo con l’abito quotidiano, così che tutti possano essere anche solo per un giorno quel character da sempre visto come lontano e irreale.

Gucci

Gucci uno dei più grandi amatori della filmografia di Stanley Kubrick, tanto da riprendere quasi tutti i suoi capolavori in un’unica campagna, grazie anche al contributo della costumista premio Oscar Milena Canonero, la mente dietro i costumi di quasi tutti i movie del regista. E così la Exquisite Gucci collection ricrea i ritratti di famiglia alla Barry Lyndon, che ora vestono abiti della collaborazione con il marchio sportivo Adidas, ed un più contemporaneo protagonista di “2001: Odissea nello spazio” in una muta dell’ultima F/W 22-23. Anche in casa Miu Miu il riferimento cinematografico persiste, tanto da far coincidere l’immaginario fanciullesco del brand con quello delle gemelline di “Shining” che sembrano indossare quello stesso tono di celeste e quelle stampe 80s che abitano la ss 22. E se alla citazione “Kubrick” viene in mente sperimentazione ed innovazione, allora anche Ann Demeulemeester è una abile interprete del tema. L’identità cupa e illusoriamente tailor-made del brand si avvicina al profilo di uno dei più noti protagonisti dei movie kubrickiani: quello di “Arancia Meccanica”, che al pantalone a vita alta ora sostituisce uno a vita bassa accompagnato da un blazer nero con i bordi scuciti ed un ampio cappello (come nella collezione Ann Demeulemeester F/W 07-08) che lascia intravedere solo quei dirompenti occhi azzurri. Un ulteriore hacking creativo lo fa Prada, che con la sua SS 22 regala al suo personaggio quel senso di mistero, come se non la si capisse mai del tutto, proprio come le scollature dei suoi abiti profonde, ma non troppo.

Prada

Moda e arte, romanzo e commedia, cinema e teatro, Kubrick è stato capace di ridefinire il concetto stesso di “scena”, allontanandosi dalla finzione e costruzione a favore di immediatezza espressiva. E se l’abito è una delle parti principali della sua narrazione filmica, allora si può dire che è il costume ad essere il personaggio e quest’ultimo è solo un suo abitante temporaneo chiamato a dargli forma e nulla più.