In un’intervista rilasciata nel 1972 uno dei nomi più noti del tennis dichiarò “di non essere una scarpa”. Quell’ambigua definizione nasconde una sorta di patto ideale stipulato da Stan Smith con la storia, che lo rese parte di un mito che ancora adesso porta la sua firma su morbida pelle bianca. Ora, cinquant’anni dopo, si ricorda questo storico sodalizio tra adidas e Stan Smith. Un mito a tre strisce che ha superato il campo verde di Wimbledon ed è entrato da protagonista come culto sociale in un mercato in continua espansione, tra le teche in vetro di musei e i guardaroba di una generazione senza nome e senza età. Una calzatura nuova dalle linee old, un modello innovativo per un pubblico nostalgico rivisitato in una rilettura dei tempi scanditi da colori e personalizzazioni in continua uscita. E tutto questo Smith non lo immaginava. Considerava le sue scarpe come semplici compagne di vittorie e sconfitte dolci e amare, ma non quanto quelle due inseparabili, sinistra e destra, sarebbero state uno dei lasciti per il quale ancora adesso è ricordato.

Nel 1967, adidas entra nel tennis e cerca l’immagine di un atleta degno del suo nome. Dopo una prima collaborazione con il francese Hailet, al ritiro di questo, il brand dalle tre stripes lo sostituì con un americano dal rovescio impreciso, ma dallo swing aggregante: Stan Smith, il primo delle classifiche tennistiche e l’ultimo di quelle in fatto di moda. Un incontro nato dai dettami del mercato e dalle richieste di un publico in intrepida ricerca del “nuovo”. Così dopo diversi set vinti e la diffusione delle sneakers, l’americanismo eccentrico di Smith convinse non solo il pubblico seduto sugli spalti delle tappe del Grande Slam, ma anche un’audience ben più ampia che in pochi anni imparò a vestire l’uniforme del tennista nata dall’unione con il marchio sportivo.

Il segreto stava nella scarpa in sé, con quel design ridotto al minimo e le forme morbide e pratiche capaci di far spaziare il loro uso negli ambiti più disparati. Dal completo canonico al denim low waist, le Stan Smith parlano una lingua capace di spiegarsi in qualsiasi contesto, traducendo l’immagine di chiunque in poche e semplici parole. E se adidas le definiva come un esperimento e il suo co- creatore semplicemente delle scarpe, era il pubblico a vederle come un’icona comune. Così tra il mito sportivo e la realtà pratica del mercato di vendita, le scarpe si posizionarono, per Complex, tra le più influenti di sempre, ridefinendo l’idea di lusso quotidiano.

Non solo la scarpa del tennis, rilegata ad uno spazio sportivo, ma anche la sneaker intellettuale e multifunzionale del golden system. Dai maestri di recitazione della New York degli anni ’80 alle dive americane, passando per menti creative come Steve Jobs, le bianche Stan Smith sono state compagne di passi verso un progresso democratico e forse propulsori di un concetto tanto attuale quanto antico di inclusività. Per questo non furono solo create per tutti, ma anche rivisitate da quasi tutti: da designer come Stella McCartney che le veste di pelle vegana e Raf Simons che a sua volta incide la sua iniziale sulla facciata esterna del modello in rosa, fino ad arrivare a Eminem che le ridipinge in verde. Le sneaker hanno calcato venue e palchi internazionali, mostrandosi come estensione dell’immagine di chi le indossa. Ad aver sigillato il legame moda-stan smith è stata la loro apparizione a fine show di saluto di Phoebe Philo da Celine, quando divennero parte di un quadro malinconico a tinte grigie (come le maglie della designer) che rivelava la solennità di un evento memorabile. Ma non solo come per la Philo, quel senso di immediatezza che univa sportività e sartorialità era la risposta comune ad anni dove si voleva trasmettere un’immagine di serietà intellettuale seppure leggera nella scelta dell’abito che ambiva a sembrare casuale anche se non lo era.

E tra mito e leggenda, le Stan Smith si posizionano nello spazio che divide le due definizioni, come se in realtà fossero parte di entrambe, scegliendo di non collocarsi. Ed è forse proprio questo il segreto delle sneaker bianche e verdi, quello di essere mitiche sul campo, leggendarie in strada, ma iconiche ovunque.