Una melodia riconoscibile risuona lontana nelle cuffie di una giovane e promiscua figura femminile che percorre le strade di una Londra d’estate. Tanto estiva da far scendere la vita dei jeans sempre più giù fino a mostrare un’accenno di intimo rosa in pizzo, incorniciato da una cinta logata ed un top “a farfalla”. Immediatamente quell’inconfondibile suono riporta alla mente il motivetto delle Destiny’s Child “I’m a survivor”.

Ebbene sì, forse è proprio la testimonianza che gli “attillati” twentys sono sopravvissuti al mutamento generazionale e stanno riacquisendo quel ruolo di dissimulatori sociali. Una sorta di paramnesia che cancella le ultime due cifre del 2022 azzerandole e ripresentando quel minimalismo molto meno concettuale e tanto più pratico.

Da Beyoncé a Christina Aguilera, testimoni di un’estetica puramente tale e lontanamente etica, fino a una antesignana del contemporaneo significato di influencing come Paris Hilton: per la prima volta un periodo storico non si narra a parole, ma con ritagli di giornali e stampe a figura intere di quelle che erano “le figlie dei 2000”. Figlie e figliastre di una moda che con l’arrivo dei reality show ha voluto alleggerire la figura della donna, anche a continuo dell’influenza minimalista 90s, rendendola comune e “clonabile” in un guardaroba alla portata di chiunque.

Non importa se si indossa il denim Wrangler, se sulle micro maglie appare la scritta scintillante di uno store vintage vicino Oxford Street, l’importante è il how to wear it. E così l’uniforme “misurata”degli anni ’90 divenne una questione di misure in fatto di centimetri di vita bassa e addomi svelati (al massimo velati da bluse rosa e verdi ad intreccio). Un ricordo che sembra ripresentarsi davanti agli occhi di una società che rivive due volte la propria adolescenza. Quell’immagine sbiadita del loungewear che si risveglia in un’era non poi così lontana, magari solo più scomoda ed emancipata: parole nuove in un vocabolario che lascia convivere significato ed interpretazione. Così non passa inosservato questo nuovo termine estetico corrispondente ad un codice temporale, che brand di ogni provenienza storica stanno reinserendo in collezioni sempre più commemorative di una leggerezza espressiva passata.

Dai pantaloni cargo di Blumarine, leader di questo movimento di recupero degli anni “2k”, con il suo direttore creativo Nicola Brognano che per primo ha ricostruito, tra proporzioni e contrasti, l’immagine frammentata della teenager di quegli anni. Fino ad arrivare all’opulenza ridimensionata di Versace, che recupera spazio su gonne e abiti sempre più fascianti e stretch. Anche Prada decide di ricorrere ad un recupero dei primi anni del nuovo millennio, reinterpretandoli in chiave contemporanea. Top con logo ricamato e minigonne con rifiniture in pizzo restituiscono quell’idea di donna-teenager impegnata, complessa ed introspettiva, andando a far riflettere sul concetto di “leggerezza” che molto spesso viene tradotta erroneamente in assenza ed estraniamento. E se Prada si fa, ancora una volta, sostenitrice di ideali e principi, allora N°21 diventa il traduttore di questi in un linguaggio ridotto, proprio come quello abbreviato degli 00s. Sono le trasparenze di pizzi e satin a rendere omaggio a quelle icone pop, attualizzate da un’assenza improvvisa di colore, come se il bagliore del 2000 fosse ridotto al minimo, per lasciare spazio al suo profilo sinuoso.

E come di madre in figlio, rispettivamente Miu Miu per Prada e Nensi Dojaka per N°21 rileggono il tema in termini ed abbreviazioni nuove. Miu Miu, con le sue minigonne e micro top, e Nensi Dojaka, con i suoi abiti spogli, ricordano i look delle première del 2001, di quando tutto era concesso, e l’idea di concessione faceva propaganda ad una più complessa di democratizzazione visiva. Non solo il messaggio, ma anche la forma, come Celine che annulla il profilo di modelle e modelli per sottolineare una vita scesa a favor di gambe, che non cedono al peso di cinte e bluse trasparenti. Molteplici versioni di un tema che, dopo anni trascorsi in nome del massimalismo, si presentano come un antidoto sociale alla realtà, creando un mondo parallelo dall’accesso immediato. Una soluzione non solubile, ma indossabile, capace di smorzare il peso degli eventi attuali, distraendo il pubblico con un cielo dalle tinte rosee, premonitore di un domani che non si leggerà più cifra per cifra ma solo “2000+”.