Se D’Annunzio dovesse riscrivere ora “Il piacere”, di certo il suo protagonista, il superuomo, sarebbe diverso. Dalla divisa più leggera e meno austera ad un linguaggio più semplice, spoglio di ridondanti premesse, quest’uomo nuovo consacra la sua esistenza a un dissoluto amor proprio. Un ideale di sesso maschile che rivive un percorso al contrario, dove da grandi si torna piccoli, dall’eta adulta a quella fanciullesca, in un viaggio sui propri passi alla ricerca dell’enfant marvellous che si nasconde in ognuno. È questa volontà di riscoprire e riscoprirsi a riempire gli occhi di una platea bramosa di nozioni nuove (purché sappiano di rinascita), una platea seduta “scomposta” durante questa Milano Fashion Week dedicata alle collezioni uomo, dove la parola d’ordine è una sola: giovinezza. E non importa se gli anni sono passati, si fa sempre in tempo a rileggere i primi capitoli di un romanzo che parla di sé.

Dal giovane ribelle della costa ovest cresciuto tra le onde di un mare limpido, come quello di DSquared2, che sembra sognare l’orizzonte di un futuro prossimo, con stampe iconiche di Bob Marley (realizzare in collaborazione con la fondazione) e mute da surf, in un immaginario classico di evasione puramente estiva. Passando per l’album dei ricordi di Fendi, più precisamente quello di Silvia Venturini Fendi, che sceglie il denim per mostrare il suo superuomo vestito di una libertà informale, in un ricordo personale delle giornate d’agosto passate nelle campagne della provincia romana. Le campagne ritornano anche nell’ultimo (letteralmente) show di di Kean Etro, che, in un commovente saluto , illustrata la mappa di una giungla urbana fatta di kaban, stampa all over e forme sinuose, suscitando nello spettatore quella sensazione di estiva e spogliata sensualità.

 

E se Etro descrive l’uomo S/S 23 come sensuale, Versace lo definisce libero. Aggettivo comune nel vocabolario della GenZ, di quei giovani “freschi” d’età che sfilano per Versace tra richiami alla cultura greca e i mosaici di casa Gianni, figli di una generazione iconoclasta che riscrive le sue poche regole. Quella stessa forma di libertà rivive dietro la collezione di Jordan Bowen e Luca Marchetto del duo di Jordanluca, che si ispira al comportamento delle falene, a quella continua attrazione verso la luce, sinonimo di scoperta. Con questa metafora, il brand riflette sull’autodistruzione, su quella gioventù cresciuta in fretta che si ritrova, l’indomani, a riassemblare la propria immagine “scottata” dalle scelte giovanili, che però formano e scolpiscono l’uomo, tra il silver degli accessori spigolosi e i colori fintamente pacati di completi e giacche.

 

Sempre di scelte tratta Prada con la sua S/S 23, intitolata “Prada Choice”, che sembra innalzare un inno solenne alla semplicità che non è superficialità, ma innata spontaneità. Una camera di carta fatta di pareti mobili, ricolma di un bianco “pieno” accompagna la narrazione a quattro mani, firmata Miuccia Prada e Raf Simons, del giovane uomo contemporaneo, vestito di contrasti e finte contraddizioni, come rievoca l’alternanza di una ribelle pelle nera contrapposta alla tradizione del completo sartoriale, educando il pubblico a riflettere sul concetto di “sintesi” e di quanto questo sia complesso, proprio come il linguaggio infantile fatto di poche parole, centinaia di significati e migliaia di significanti. Una complessità a tratti infantile ritorna anche in JW Anderson che per la seconda volta sceglie il capoluogo milanese per mostrare la sua versione più recente di favola e ilarità. Dalle maglie con i manubri di biciclette alle scarpe con la stampa a matita di Rembrandt, il designer inglese rivela una carica giocosa propria dell’età più tenera che cela un messaggio di volontario smarrimento, perché, come riflette Jonathan Anderson: “Quando si impara a pedalare ci si dimentica la voglia dire camminare”.

In un progresso cangiante che guida l’uomo verso nuove mete, il giovane superuomo – che si potrebbe semplicemente definire come uomo dalle ambizioni “super” – ritorna ad essere padrone delle proprie scelte, della propria età, di una maturità acquisita precocemente, rivendicando il suo ruolo di protagonista e non di comparsa in questa complicata sceneggiatura del tutto estranea alle logiche emotive . Ma in fondo è ben noto, l’uomo è il narratore di se stesso, che parla di sé in terza persona singolare.