“A volte i libri riflettono cose della vita, a volte la vita si riflette nei libri.
Tre libri alla volta, un filo rosso che li unisce. Leggere, guardare, emozionarsi”

 

Una cosa spesso complicata è tenere la distanza giusta con le persone, tra le persone e le loro emozioni, tra persone e persone. Giusta distanza o giusta vicinanza, a seconda di quale punto di vista si decide di assumere per descrivere un legame, una relazione, una connessione tra individui che hanno a che fare tra loro. Talvolta la vicinanza spaventa tanto quanto la distanza: essere troppo lontani può generare mancanza, senso di vuoto, senso di perdita. Essere troppo vicini può far sentire le persone espropriate del proprio spazio vitale, derubate di un privato, spaventate di confondersi con l’altro e di esserne sopraffatti. Distanza come abbandono, solitudine, vuoto, ma anche indipendenza, autonomia, rispetto. Vicinanza come calore, affetto, corporeità, ma anche ingombro, folla, claustrofobia. Esistere è un po’ oscillare tra le posizioni, stare in precario equilibrio tra due dimensioni separate solo da una misura di quantità mai oggettiva e da una soggettiva percezione di eccesso o difetto. Una misura che non è mai data una volta per tutte, sempre contrattata, ridefinita, modificata, riposizionata, ri-significata dagli eventi e da noi stessi, senza consapevolezza o con cruda lucidità. Una misura che può farci sentire parte di qualcosa, esclusi da qualcosa, cancellati da qualcuno; misura da trovare in relazione con gli altri, inevitabilmente mediata tra sensibilità diverse ed emozioni irriducibili. Ognuno soccombe o si salva ad una distanza  indicibile e ignota.

 

Una mattina di un sabato qualsiasi Thierry si sveglia e vede la casa del suo vicino circondata dai reparti speciali della polizia. Che cosa sta succedendo ai suoi amici Guy e Chantal? Guy, il suo unico vero amico, il suo vicino di casa, è l’assassino delle ragazzine che da qualche anno scompaiono nel nulla in quella regione. Come può essere che quell’uomo a cui Thierry ha concesso la sua fiducia, la sua stima, con cui ha condiviso momenti intimi della vita possa essere un tale mostro? Thierry è sconvolto e non si capacita di quello che accade: intrappolato in una bolla di stupore e incredulità, cerca indizi negli anfratti della sua memoria, provando a ricollocare in altra luce eventi degli anni trascorsi nella vicinanza con quella coppia così affabile e gentile. Sua moglie Elisabeth vuole andarsene da quella casa e forse vuole andarsene anche da Thierry, uomo apparentemente distaccato dalle cose, quasi indifferente a quel che gli accade intorno, che di nulla si cura, se non della sua casa al limitare del bosco. Quel bosco è la tomba di quelle ragazzine torturate e uccise e potrebbe diventare anche la tomba delle emozioni di Thierry che precipita in un vortice confuso del passato, dove i dubbi sui legami con la sua famiglia di origine, suo figlio e le persone che gli hanno – forse  voluto bene si alternano alla rabbia e al desiderio di punizione per quell’orrore cui malgrado si trova ad assistere. Thierry vaga affannosamente alla ricerca di se stesso e della sua capacità di provare dolore, piacere, sensazioni umane, terrorizzato all’idea di ritrovarsi unicamente l’inconsapevole idiota amico del mostro. Avvincente, introspettivo. Prendere le distanze per ritrovare il filo dei frammenti di sé.

“L’amico” di Tiffany Tavernier, ed. Edizioni Clichy

 

 

Bron e Ray si sono amate per cinque anni di quell’amore totale, viscerale, che si pensa non possa mai terminare. Ora si trovano in una situazione di empasse, senza trovare il modo per uscirne; solo i momenti trascorsi con Nessie, la nipote di Ray, riescono a tenere insieme quel legame profondo che si riassapora, grazie alla fantasia della bambina, ai suoi giochi creativi e selvaggi che riportano le donne al loro legame ancestrale. Ma non è sufficiente per permettere a Ray e Bron di superare quel muro che inesorabilmente le separa. Bron, con la sua famiglia che non accetta la sua identità transgender e la fragilità della sua salute mentale; Ray, innamorata e disperata che non si rende conto che sua nipote la ama anche per questa sua vulnerabilità che la rende umana. Separarsi è l’unica via d’uscita, per intraprendere un viaggio alle radici della fiducia, dell’accettazione di quel che si è, di quello che gli altri si aspettano, di quello che l’amore, in fondo, può ancora restituire alla vita. Forzare  la distanza per riscoprire vicinanza.

“Stone Fruit” di Lee Lai, ed. Coconino Press – Fandango –

 

Biancaneve è una gatta nata in viaggio in mezzo al mare, con sei dita per ogni zampa. Il Capitano Stanley, al rientro dopo giorni  di pesca per mare, regala la gatta a Ernest che decide di chiamarla Biancaneve. Biancaneve è sempre accanto ad Ernest, quando scrive a macchina, quando va a pescare, le racconta di amici e posti lontani. Finché decide di partire: vorrebbe portarla con sé, ma Biancaneve si nasconde, non vuole partire, non vuole allontanarsi dal porto nella speranza prima o poi di ritrovare la sua famiglia. Ernest parte per un viaggio in Europa e scrive lettere a Biancaneve, condividendo con lei incontri, luoghi, emozioni. Resta lontano per molto tempo e per molto tempo Biancaneve attende, fino al giorno in cui Ernest ricompare al porto con mille valigie e una meravigliosa sorpresa per lei. Hemingway diceva: “Ai gatti riesce senza fatica ciò che resta negato all’uomo: attraversare la vita senza fare rumore”. La vicinanza di umani e animali, un legame prezioso e unico.

“Ernest e Biancaneve” di Luca Tortolini, Alice Barberini, ed. Orecchio acerbo