Reduci dal purismo stilistico di New York e dall’esplosione di contrasti di Londra, a Milano, in un viaggio tra andate e ritorni, si riscopre la figura della donna nella sua complessità. Un percorso circolare che, tra salti nell’archivio, riprese del guardaroba e accenni di novità, approfondisce la struttura multiforme di una società in rosa.

Dalla poetica post romantica di Marco Rambaldi, che, tra disegni in crochet e forme fluide, estende questa società oltre il concetto di genere abbracciando ed includendo chiunque ne voglia far parte e rendendo ognuno poeta dei propri versi, fino ad arrivare ad una rilettura di un simbolo come il denim, che muta in forme e proporzioni smisurate, con lo show di debutto fisico di Diesel con la sua nuova direzione creativa affidata a  Glenn Martens.

Una poetica che si serve di simboli si ritrova in una più fredda, quasi glaciale, Jil Sander, in uno show di linee in movimento, ondulate sui fianchi, in equilibrio con il classicismo delle sculture che occupano la venue illuminata di un bianco ottico. Il duo creativo dietro il brand vuole restituire alla donna il suo appellativo di “senza tempo”, costruendole una divisa marmorea dall’aspetto neoclassico.

Un viaggio all’indietro, tra gli abiti di un armadio generazionale, accade con lo show di Fendi, dove il neo direttore creativo Kim Jones ha perlustrato il guardaroba di Silvia Venturini Fendi e sua figlia Delfina, scoprendo che entrambi sono uniti da un filo temporale che in realtà è senza tempo. Giacche in pelle e gonne di un pizzo leggerissimo sono quel filo che da anni resiste ai mutamenti di tempi e generazioni.

Anche per Max Mara l’idea di “timeless” risiede nella costruzione di un immagine pulita, iconica e sopratutto “dadaista”, perché, come osserva il designer Ian Griffith, la donna come il dadaismo non può essere descritta a parole, ma con emozioni intraducibili che lasciano impressi ricordi, proprio per questo, senza tempo.

Prada

Se la moda è strumento di analisi, allora Prada se ne serve, una volta ancora, per scomporre la donna, mostrando una struttura a fasce che ripercorre la femminilità dal suo io intimo al suo io pubblico. Sono le gonne le protagoniste di Prada, ambasciatrici di un messaggio ben più che evidente: si parte da un pizzo finissimo, richiamo all’intimità, per passare poi ad un nylon sportivo che rivela la versatilità della donna, andando a concludersi in una fascia di lana scura che ricorda il tailoring dei completi sartoriali (presenti con giacche a doppio petto e cappotti piumati), a significare la compostezza e l’emancipazione sociale femminile, tema sempre presente nel brand.

Una nuova donna, a dir quasi 2.0, è quella presentata dal nuovo creativo alla guida di Bottega Veneta, in una prima collezione che, tra esperienze passate ed un heritage recente, alterna accessori con l’iconico intreccio, gonne ampie monocolore e top luminosi. Matthieu Blazy riscrive l’idea di funzionalità, non da capo, ma riprendendo dove il suo precedessore Daniel Lee aveva lasciato.

E se la funzionalità è il principio della sportività, allora Gucci ne è di certo l’interprete principale con la sua collezione nata dalla collaborazione con Adidas, con la quale porta on stage una forma di atletismo teatrale, con valore puramente scenico. Una camera degli specchi che narra il potere dell’abito, inteso come costume del tempo, in ogni sua accezione: il direttore creativo Alessandro Michele si serve di una sola linea per tracciare il percorso di una società che ha il compito di proseguire e progredire.

Chi segue, ormai, sempre la stessa linea, quella identitaria, è Versace, che ritorna negli anni ’90, presentando uno show a sorpresa che, tra scatti alternati e flash accecanti, riporta lo spettatore al modeling inventanto dal fondatore Gianni Versace, con un tripudio di concreta quanto inarrivabile sensualità.

Da sensualità ad erotismo velato il passo è doppio: N°21 svela la sua collezione sotto la solita luce, solo un po’ più cupa, quella di un erotismo borghese vestito principalmente di nero. Un pudore apparente, che nasconde un desiderio di travolgente passione.

L’abito come sintesi di chi lo indossa, la stagione della F/W22-23 è questo, un eterno ritorno alla sua protagonista: la donna.