Già noto nel panorama artistico italiano per la sua tecnica pittorica e compositiva, Andrea Mariconti ha iniziato negli ultimi anni a dedicarsi anche a una ricerca espressiva in ambito scultoreo che si fonda sull’esplorazione delle potenzialità espressive del bronzo a cera persa, tecnica antichissima che svolge un ruolo primario nell’evoluzione della civiltà umana.

Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera, indirizzo arti visive, approfondisce le sue conoscenze studiando scenografia e discipline dello spettacolo. La pratica artistica in campo sociale è tra le sue prime esperienze: soggiorna in Kosovo per un progetto di arte terapia per bambini affetti da traumi psichici di guerra e coordina e promuove laboratori artistici in ambito sociale in Sud Africa e in Italia. Vincitore del Premio UNESCO per l’Arte Contemporanea nel 2011, nel 2013 espone nella sua prima personale a Milano, che definitivamente lo consacra nel mondo dell’arte e dal 2018 è titolare della cattedra di Pittura e Arti Visive all’Accademia Santa Giulia di Brescia.
andreamariconti.com
animuladesign.com

Una lunga carriera, ricca di evoluzioni e cambiamenti, iniziata con la pittura e spostatasi poi verso la scultura. Quali sono le opere e soprattutto i momenti a cui sei più legato?
Credo che tutto sia partito dal paesaggio e dalla cenere. Nei primi anni di vita, abbiamo le percezioni più potenti che rimarranno per sempre legate alla nostra poetica individuale. Per me, il primo incontro con il paesaggio è stato un campo di covoni di fieno. Il soggetto della serie dei campi di terra o cenere, che ho chiamato “Meta_Fisica”, sono forse le opere che ancora oggi custodiscono il segreto del mio processo artistico e che amo particolarmente. Però, io parto sempre dal materiale: è il materiale che determina il soggetto, mai il contrario. Il mio intervento di artista contemporaneo sta nell’interferenza con quel materiale, con quel soggetto.

Dalla pittura ti sei spostato verso un altro tipo di arte che è la scultura. Come mai questo cambiamento? Che rapporto hai con l’una e con l’altra?
Mi sono avvicinato alla scultura in bronzo da un punto di vista cromatico. Ho amato quella patina, turchese, variabile e sempre viva. Il mio primo innamoramento è stato quindi da pittore, poi ho scoperto il materiale bronzo e la sua lavorazione a cera persa. Ora credo fermamente che un artista totale possa esprime la propria arte, la propria professionalità, con tutti i media che ha a disposizione e che ha avuto modo di approfondire. Siamo dei ricercatori in ambito artistico, sondiamo le profondità e in questo processo esplorativo avvengono rivelazioni inaspettate.

Hai lavorato e ti sei formato con alcuni grandi dell’arte, come Anselm Kiefer, e hai molto a cuore la Scuola Tedesca degli artisti legati all’ultima coda del ‘900. Come e quanto tutto questo ha influito sulla tua creatività?
Totalmente. La Scuola Tedesca, soprattutto quella che discende dall’Accademia di Dusseldorf negli anni in cui insegnò Joseph Beuys, è stata una grande influenza per la mia ricerca. Di fatto era l’unica Scuola che ha avuto il centro espressivo nella ricerca sui materiali. Questa e tutta l’Arte Povera, di cui anche Beuys è erede. Però, è pur vero che la Storia dell’Arte è un unicum inscindibile ed è sbagliato settorializzarla, se non per fini accademici. Guardando le biografie e l’opera dei grandi maestri del millennio scorso, ci accorgiamo che le più grandi intuizioni spesso sono fluide e come tali fluiscono da un artista all’altro, di secolo in secolo, e da molte direzioni. Ho cercato di condensare questo concetto nelle sculture di “NEUMA” e “NAEUMA-ANTIMATTER”.

Hai sempre giocato con l’utilizzo di materiali non convenzionali per le tue opere. Come fai ricerca e come scegli i materiali per le tue opere?
È il materiale che viene da me. In un processo che è sia intuitivo e maieutico, sia di ricerca e sperimentazione. Le forme imprevedibili della pittura o della scultura nascono da quest’incontro, insostituibile, che custodisce dentro di sé l’opera d’arte. Le tecniche espressive ti danno gli strumenti per facilitarne l’espressività, per potenziarne il messaggio. Le scoperte migliori spesso nascono da questa facilitazione della casualità. Gianni Rodari scriveva “sbagliando, s’inventa!”.

Da qualche anno collabori con un’eccellenza italiana nel settore del bronzo a cera persa, la Fonderia Allanconi, per creare un triplice connubio tra scultura, suono e archeologia. Con le tue opere fai risuonare i siti archeologici, creando un legame tra contemporaneità e antropologia, tra presente e passato. Parlaci di questo tuo nuovo modo di fare arte.
Nello specifico ho avuto l’occasione di essere parte di un processo che fonda le sue radici molti secoli indietro nel passato dell’uomo. La Fonderia Allanconi, con cui ho il privilegio di collaborare ormai da anni, è un luogo magico di saperi e processi secolarizzati. Qui il materiale che mi si è posto di fronte agli occhi è stato non solo la lavorazione del bronzo per la campana a cera persa, ma anche la Storia stessa del processo artistico e la sua importante collocazione all’interno di tutta la Storia dell’Arte. Da questo incontro, che ha coinvolto anche archeologi e artisti, è nata la nuova forma per “NAEUMA-ANTIMATTER”. Una forma che avesse in sé elementi archeologici e organici, che posta sopra un sito potesse permetterne la risonanza in una continuità armonica di senso e musica.

“Animuladesign” è una tua creazione, una factory creativa che fonda la sua ricerca su materiali tradizionali e design contemporaneo. Anche qui si gioca con un forte connubio tra arte e tradizioni. Parlaci di questo tuo progetto.
“Animuladesign” è un progetto parallelo, che seguo ormai da una decina d’anni. Nasce proprio come uno spazio di ricerca su questi temi, declinati nella scelta di quattro materiali specifici: carta, bronzo, vetro e legno. Questo ha dato il via nel tempo a collaborazioni che hanno portato alla Stamperia Animulab, a tutta una serie di progetti nell’ambito dell’arredo sacro e, ora, alla mia professione di docente universitario all’Accademia Santa Giulia di Brescia, in cui mi occupo proprio di questo ambito di ricerca.

Nell’autunno 2022 è in programma una mostra, una personale in Svizzera al museo Ghisla Art Collection di Locarno, che racchiuderà i tuoi ultimi dieci anni di carriera. Cosa possiamo aspettarci da questa mostra antologica?
Sono stato invitato a creare una mostra che potesse testimoniare la ricerca e la svolta espressiva degli ultimi anni, ci siamo concentrati nella decade 2012-2022. La Fondazione Ghisla è un luogo incredibile dove poter esporre questo percorso. Tutto il terzo piano di questo straordinario cubo rosso dedicato all’arte moderna e contemporanea ospiterà la mostra “Andrea Mariconti: ANTIMATTER”. Sto proprio progettando in questi giorni le varie opere che saranno esposte nelle sale del museo. Sarà una raccolta, una wunderkammer, di oltre dieci anni di ricerche, esibita con perizia e con un taglio curatoriale nuovo. Ho voluto raccogliere tutto in un percorso, che nasce dai campi di terra ed approda alle nuove sculture sonore, passando attraverso alcuni soggetti ricorrenti e nodali della mia ricerca artistica.  

Verso quale direzione si rivolgeranno i tuoi prossimi progetti? Cosa dobbiamo aspettarci nei i prossimi dieci anni di carriera?
Lavorerò su “Neuma Antimatter” che ha ancora molto altro da raccontare. Spero in un proliferare di queste forme in bronzo! Quasi dei custodi delle memorie di questi anni turbolenti e nuovi per tutti noi, ingenui ed inesperti, esseri umani.