Anna Piaggi, la leggendaria icona di stile degli anni Settanta, Ottanta e Novanta torna ad essere protagonista, attraverso il nuovo percorso espositivo progettato in collaborazione con l’Associazione Culturale Anna Piaggi: Karl Lagerfeld Anna Piaggi diario illustrato di un modo di vestire Anna-cronistico, suddiviso in due retrospettive, che fino al 28 novembre 2021 saranno allestite a Milano nelle due sedi della Fondazione Sozzani.

“UN DIARIO DI MODA, gli anni ’90 – Anna Piaggi disegnata da Karl Lagerfeld”, (tra il 1990 e il 1997), in Corso Como 10, e “ANNA-CHRONIQUE, gli anni ’70 e ’80 – Anna Piaggi disegnata da Karl Lagerfeld”, (tra il 1973 e il 1984), in via Tazzoli, 3.

Esposti 180 disegni, in totale tra i 50 della prima esposizione e i 130 della seconda, realizzati da Karl Lagerfeld in omaggio ad Anna Piaggi. Sua musa, nonché sua grande amica. Il loro primo incontro avvenne nel 1973, a Parigi, al tavolo di un ristorante cinese. Il racconto illustrato di “Anna-chronique” è iniziato lì: “Su un tovagliolo di carta Karl aveva fatto uno schizzo della mia testa con i capelli tagliati, da Henry Hebel di Vidal Sassoon a Londra, e del mio accessorio di quella sera: un ventaglio telescopico con un manico d’avorio. Da allora Karl ha continuato a disegnare me e molti dei miei vestiti”.
Da quel giorno diventarono inseparabili. La Piaggi rappresentava una costante fonte di ispirazione per Lagerfeld, che non perdeva occasione per ritrarla nelle sue case a Montecarlo, in Bretagna o a Parigi e  durante i numerosi viaggi che i due intraprendevano assieme, a Roma, Firenze e Londra.

“In gran parte dei disegni c’è un tema ricorrente e continuo: la sublimazione della quotidianità a porte chiuse – raccontò Anna Piaggi – Una specie di teatralizzazione dell’esistenza quotidiana che Karl illustra, documenta, sottolinea e idealizza”.

I bozzetti realizzati tra il 1973 e il 1997, che Lagerfeld custodiva all’interno del suo diario, mostravano una Piaggi in tutte le sue continue metamorfosi stilistiche: “Anna è una persona grafica. Nel vestirsi crea un’immagine. Non provoca, mai, ma evoca. Un dettaglio imprevisto, un pleonasmo stilistico, un accessorio contraddittorio, una combinazione insolita, un’imprevedibile associazione di idee e un indispensabile humor ne fanno una presenza unica che mi ha sempre spinto a disegnarla”.